Intercettazione, l’asse Bossi-Fini guarda al Colle

Umberto Bossi

“Se si va testa a bassa non si risolvono le cose, se invece si tratta, si parla e si risolvono”. Nel suo modo un po’ criptico il leader della Lega Umberto Bossi, dopo aver incontrato per una buona mezz’ora alla Camera Gianfranco Fini, lascia intendere che è ancora tutta aperta la partita sulle intercettazioni e la Lega farà la sua parte.

“Per andare avanti sul disegno di legge sulle intercettazioni bisognerà trovare un accordo tra Berlusconi e Napolitano”, dice confermandosi in asse con il Capo dello Stato ed il presidente della Camera nella partita e lanciando, dopo quello di ieri, un nuovo messaggio al premier perché apra alle modifiche.

Se così fosse, hanno ragionato oggi insieme Fini e Bossi, non sarebbe neppure poi così indispensabile quello slittamento al quale ieri Silvio Berlusconi sembrava rassegnato. Tanto che il presidente della Camera, in conversazioni riservate, ancora invitava i suoi a tenersi pronti per la prima settimana di agosto.

“Ho visto Fini – rivela infatti Bossi -: bisogna accelerare sulle intercettazioni e per farlo serve un’intesa tra il Cavaliere e il Colle, perché se il presidente della Repubblica non firma, siamo fregati”.

Si tratta perciò adesso di convincere Berlusconi – che già da ieri ha rinunciato al muro contro muro con Capo dello Stato, presidente della Camera, opposizioni e con la Lega (che con Bossi ha aperto alle modifiche) – a chiudere magari la partita prima dell’estate, accettando modifiche al testo in commissione invece di farlo slittare a dopo la pausa estiva.

Si potrebbe così votare in aula alla Camera nelle due settimane in cui la manovra tornerà al Senato, con una rapidissima quarta lettura finale a Palazzo Madama per fare del ddl una legge prima dell’estate (evitando così anche la pubblicazione di intercettazioni su governo e maggioranza già oggetto di boatos nei palazzi della politica). “Credo che ci siano i presupposti e i tempi per approvare prima delle vacanze estive il ddl”, pronostica infatti il ministro Altero Matteoli.

Ma il premier, dopo aver a lungo insistito per un provvedimento ‘blindato’ nella versione uscita dal Senato, particolarmente amareggiato per non aver potuto portare a casa una legge sulla tutela della privacy restrittiva come quella da lui pensata all’inizio, a questo punto è sempre più orientato a lasciar decantare le cose e – anche per non dare l’idea di aver ceduto alle pressioni dei finiani – a rinviare alcune modifiche al dll a settembre. Un tempo politicamente talmente lontano da ipotizzare che il provvedimento possa finire su un binario morto.

Sui tempi deciderà la capigruppo di Montecitorio: non quella in calendario per lunedì 21 che, fanno sapere dalla presidenza della Camera, non è stata convocata per occuparsi del ddl intercettazioni.

Intanto il 17 giugno, in commissione Giustizia a Montecitorio, la presidente Giulia Bongiorno, consigliera giuridica di Fini, ha tenuto la sua relazione: applauditissima da finiani, Lega e opposizioni (in particolare dall’Idv), ma assai meno gradita al Pdl.

“Ha fatto osservazioni esclusivamente a titolo personale – chiosa infatti il capogruppo Pdl, Enrico Costa – le modifiche che propone non sono necessarie e le nuove audizioni di cui parla sarebbero un puro atto dilatorio.

In commissione la Bongiorno è tornata a battere sugli stessi tasti: proroga della durata degli ascolti di tre giorni in tre giorni, intercettabilità dei cosiddetti ‘reati satelliti’, responsabilità giuridica dell’editore, i quattro anni di condanna previsti come pena massima per il reato delle registrazioni fraudolente.

Altro nodo da sciogliere: la norma introdotta a Palazzo Madama che prevede la richiesta di autorizzazione alle Camere se emerge che le intercettazioni o l’acquisizione di tabulati siano comunque finalizzate, “anche indirettamente”, ad accedere alla sfera delle comunicazioni del parlamentare.

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