«Il problema è che gli avvocati italiani sono troppi, 230 mila. E se non poniamo un freno arriveremo molto presto a 300 mila, mettendo in seria difficoltà l’intera categoria ». A parlare è Filippo Berselli, il presidente della commissione Giustizia del Senato durante la sesta conferenza dell’Oua, l’Organismo unitario dell’avvocatura guidato da Maurizio de Tilla in corso all’Hotel Hilton di Roma. E dopo l’intervento iniziano gli applausi che vanno avanti per quasi un minuto. Non è una sorpresa.
I duemila avvocati presenti sono preoccupati proprio per questo, per la loro sopravvivenza. Il mercato è sempre più affollato, la crisi si è fatta sentire e non esiste un sostegno alla categoria quando non si lavora.
Due giorni fa la commissione Giustizia del Senato ha approvato la riforma dell’ordinamento forense che in questa sala viene considerata un’ancora di salvezza: quel testo rende più selettivo l’accesso alla professione con l’aggiunta dei test informatici, prevede l’aggiornamento degli albi cancellando ogni due anni chi non «esercita in modo continuativo ed effettivo». E riporta a galla gli onorari minimi «inderogabili e vincolanti», cancellando così una delle lenzuolate fatte da Pier Luigi Bersani quando era ministro.
Intanto, il ministro della Giustizia Angelino Alfano dice che quel testo diventerà legge perché «le professioni non si possono riformare contro le professioni stesse» e promette che «quella dell’avvocato non sarà più la strada professionale per il laureato in giurisprudenza che non ha alternative».
Alle varie iniziative risponde il presidente dell’Oua de Tilla che spiega: «Il numero programmato per la nostra professione non è possibile perché sarebbe in contrasto con la normativa comunitaria».
«Servirebbe – aggiunge – una facoltà universitaria che formi in modo specifico i futuri avvocati. Per questa facoltà il numero programmato sarebbe possibile, come oggi già avviene ad esempio per quella di Medicina. Gli ingressi non dovrebbero essere più di 4—5 mila ogni anno».
Il ministro Alfano lascia aperto più di uno spiraglio: «Con la riforma della giustizia vogliamo far sì che l’avvocato italiano abbia pari rango rispetto ai magistrati italiani». L’Oua dice di voler «evitare sterili contrapposizioni» e Confindustria giudica «contro il mercato» la riforma dell’ordinamento, quella che rende più severo l’esame e reintroduce gli onorari minimi: 2l’intromissione” degli industriali però non piace a de Tilla: «Ma che cosa c’entra Confindustria? Confindustria e i poteri forti non possono decidere le politiche legislative di questo Paese».
Infine d’accordo nella sostanza è anche Guido Alpa, presidente del Consiglio nazionale forense che spiega che in questo modo avverrà un accesso più difficile e un aggiornamento per tutta la carriera e dichiara: «Non è una riforma corporativa».