ROMA – A due domeniche dal voto, lo scenario della politica in Italia appare scosso da continue mutazioni. Lo “tsunami” Beppe Grillo sembra guadagnare momento, mentre in Lombardia i rapporti tra il Pd e Mario Monti si inacidiscono sul voto a Umberto Ambrosoli, candidato della sinistra e figlio della migliore società civile di Milano.
In mancanza di sondaggi, si cerca il polso direttamente nelle piazze o sui nuovi mezzi di comunicazione come Twitter, mentre sale la febbre del sistema.
Con il comizio del 9 febbraio il leader del Movimento 5 Stelle ha infiammato le piazze di Vicenza e Verona, cittadine del laborioso Veneto, da anni leghista doc. E dopo il Parlamento, Grillo punta “al cielo”. “Arriveremo anche lì”, ha detto con lo sguardo alzato, quasi mistico.
In Veneto Grillo ha incontrato i vertici di ConfApri, sigla che raduna 50mila piccole imprese e artigiani di tutta Italia e che ha il proprio quartier generale a Treviso.
Così, come sottolinea il Fatto Quotidiano,
“anche gli artigiani, quella categoria troppo spesso bollata come fucina di evasori fiscali, è “caduta ai piedi” dell’onda anomala dei Cinque stelle. Forse i piccoli imprenditori non erano nelle piazze, forse la loro piattaforma di discussione è quella più diretta degli incontri faccia a faccia. Certo è che quella fascia di ceto-medio che fino a ieri era locomotiva d’Italia, e che ora si rialza ogni giorno in affanno per l’assenza di benzina nei serbatoi, aveva bisogno di un interlocutore. E in Veneto l’ha trovato in Grillo. Traditi dai “cerchi magici” del Carroccio, e dall’abbraccio mortale della Lega con il Pdl, gli ex azzurro-verdi veneti non hanno più trovato sponda politica”.
Situazione diversa in Lombardia, altro bastione del centrodestra, espugnato solo da Giuliano Pisapia a Palazzo Marino. Qui a tener banco a due settimane dal voto è il caso Umberto Ambrosoli, che spacca i montiani di Scelta Civica.
Dopo due giorni di notizie e smentite è lo stesso Monti a intervenire e a chiarire: ”Non condivido la logica del cosiddetto voto utile o inutile e quindi auspico che coloro che voteranno Scelta Civica alla Camera e Senato votino Albertini”, ha detto il presidente del Consiglio a TgCom 24, spiegando che questo è un ”disegno coerente” per ”non avere la Lega al governo della Lombardia”.
La prima montiana ad appoggiare il voto disgiunto in Lombardia a favore di Ambrosoli governatore della Regione era stata la capolista alla Camera Ilaria Borletti Buitoni. In molti l’avevano seguita, pensando di seguire il volere di Monti. Tra i nomi citati da Repubblica quelli di Lorenzo Dellai, capolista della lista Monti alla Camera in Trentino e i candidati al Montecitorio Alessandro Soncino, Gregorio Gitti, Milena Santerini, Emanuela Baio e Savino Pezzotta.
Un’iniziativa che, ovviamente, non è piaciuta a Gabriele Albertini, candidato al Pirellone e capolista al Senato proprio per Monti. L’ex sindaco di Milano ha bollato i montiani pro-Ambrosoli “pseudomontiani”, e ha pronosticato che “se con questo pensano di dare una spinta in avanti ad Ambrosoli temo che l’unica loro spinta al candidato sarà verso il burrone”.
A ribadire che il messaggio “Votare Ambrosoli alla presidenza della Lombardia e la lista Monti a Camera e Senato” non arriva da Monti è stato detto Mario Sechi, altro montiano doc.
Chi ha sentito Monti, scrive Repubblica, dice che il premier ha bollato come “un’alchimia” il voto disgiunto, addirittura “un suicidio”. Poi lo stesso Monti ha scritto su twitter: “Non sono preoccupato della perdita di seggi dei due poli, ma che i giovani italiani trovino lavoro”.
A preoccuparsi è invece un altro montiano ex Pdl, Giuliano Cazzola: “In Lombardia la lista Monti si gioca gran parte della sua credibilità, se dovesse prendere corpo la teoria del voto disgiunto”. Gli ha risposto Ilaria Borletti Buitoni: “In Lombardia è diverso. Ambrosoli rappresenta una lista civica e in Lombardia non esiste una linea prettamente montiana”.
La questione Lombardia fa scrivere al Giornale “Mezzo Monti vota Pd”:
“E alla prima vera prova sul campo, l’esercito dei montiani si scopre un’armata Brancaleone divisa da un’arlecchinata di idee e incapace di unirsi sotto un unico progetto. Tanto da costringere il professore riscopertosi politico ad affidare a Mario Sechi, il candidato e spin doctor della sua campagna elettorale, un perentorio serrate le righe. Perché Mario Monti, ha detto ieri, è contrario al voto disgiunto in Lombardia e “le alchimie elettorali non sono il nostro mestiere”.
Il Giornale denuncia “l’abbandono” del candidato di Scelta Civica, Gabriele Albertini, “lasciato solo a farsi impallinare di fronte alle urne”.
Il “tradimento” dei montiani all’ex sindaco di Milano sarebbe dovuto, secondo il Giornale, al favore crescente di Roberto Maroni nella regione. Che i sostegni per Ambrosoli vacillino lo testimonierebbe anche, scrive il Giornale, il fatto che a sinistra hanno già “chiamato il soccorso rosso, con Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola e un resuscitato Matteo Renzi attesi a Milano per risollevarne le sorti”. La partita per Roma si è spostata al Nord.
I commenti sono chiusi.