Berdini faccia di…cemento: “Fatemi restare, io vittima di macchina criminale”

ROMA – Paolo Berdini, assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, ha scritto una lettera al Fatto quotidiano per restare…assessore. Lo dice chiaro, nero su bianco: “Se Raggi vuole io resto”. Il fatto, non quotidiano ma grosso assai è che Berdini ha fatto tutto e di più per in quell’incarico non poter restare.

E ha fatto tutto da solo. Non glielo aveva ordinato il medico di “sputtanare” (brutto ma efficace termine) la reputazione pubblica e privata della sua sindaca. Nessuno se non la sua superficiale alterigia lo ha obbligato ad andare in giro a raccontare della “banda”, della “incapace” di “quei due amanti”.

Ci vorrebbe dignità e consapevolezza di sé, anche dei propri errori. Se metto in piazza giudizi e malevolenze verso la sindaca che guida la Giunta dove opero, se faccio questo grave sbaglio è doveroso che io lasci. Lasciare è per così dire il minimo sindacale dell’etica pubblica in casi del genere.

Ma Paolo Berdini ha alta misura di sé e altra misura dell’etica pubblica. Si dichiara, orgogliosamente si dichiara e si atteggia a vittima di “una criminosa macchina del fango”. Senza gran rispetto per la verità (ma chi la rispetta ormai…) Berdini finge di dimenticare la sua prima bugia (“non sapevo fosse un’intervista”) e la seconda (“non sapevo fosse un giornalista”). Senza gran pudore, anzi senza pudore alcuno Berdini finge di dimenticare che la sua tesi dell’intervista a sua insaputa, del tranello, è stata smentita dalla sua stessa voce registrata (“tu usalo, come fonte anonima”).

Niente, il senso di sé che Berdini ha lo porta a considerare inezia il suo mal parlare della sindaca e dintorni. Lui, sostiene Berdini di se stesso, qualunque cosa abbia detto o fatto, non può e non deve essere rimosso dall’incarico. Perché investito da altissima missione.

E quale? Niente meno che opporsi eroe solitario o quasi alla “più grande speculazione immobiliare d’Europa…alla speculazione fondiaria e finanziaria”. Mamma mia, che eroe Berdini. Combatte insomma contro il capitalismo tutto, contro i padroni delle terre, gli edificatori dei palazzi e affini, contro banche e gnomi della finanza. E dove combatte, anzi si immola Berdini in questa battaglia per la salvezza dell’uomo? Ma che domanda! E’ la madre di tutte le battaglie per un mondo migliore; quella contro lo stadio della Roma calcio a Tor di Valle.

A Berdini non sfugge il bieco complotto e lo segnala e lo denuncia: il giorno prima una riunione sullo stadio che non va come “volevano loro” e il giorno dopo “guarda caso, l’intervista truffa”. Nel meraviglioso mondo di Berdini infatti se non proprio tutto quasi tutto ruota intorno a…Berdini. Chi non vede come il capitale finanziario da Londra e/o Francoforte abbia (magari d’intesa con il palazzinaro Trump, Pallotta in fondo è americano) telefonato a La Stampa ordinando la missione del giornalista anti Berdini? Tutto torna. Resta il particolare che Berdini allegramente e in piena e libera volontà “sputtanava” la sindaca. Ma vedrete presto si scoprirà un maligno siero che era stato fatto respirare a Berdini e lo faceva straparlare.

Ma al complotto e alla speculazione (fondiaria, immobiliare, finanziaria…schiavista no?) non bisogna darla vinta scrive Berdini. E come si fa? Confermando Berdini assessore anti stadio. Perché la nobile e grande battaglia contro la “colata di cemento sulla città” non può restare senza alfiere e campione.

Ecco, leggendo la lettera ai contemporanei di Berdini non si sa se restare più colpiti dalla imponenza della presunzione di sé (è evidente che ci crede davvero di essere un supereroe) o dal virtuosismo vittimista (tutti i poteri forti del pianeta contro di lui) o ancora dalla prosaicità dell’obiettivo (mantenere il posto di assessore).

Nell’indecisione su quale sia tra i tre l’ingrediente dominante, resta un signore che nega e nega e nega l’evidenza, respinge ogni minima responsabilità delle parole che pronuncia, si innalza ed esalta a ombelico della politica…Insomma una faccia…di cemento.

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