Berlusconi: “Non ho cacciato Fini. Alleanza con lui? Mai dire mai”

Pubblicato il 3 Novembre 2010 - 11:56 OLTRE 6 MESI FA

“Fini non è stato mai cacciato, si è autoespulso” però su un’alleanza con lui “mai dire mai”. Silvio Berlusconi gioca le sue carte e di fronte a un nuovo esodo di esponenti Pdl verso Fli, smorza i toni. Le sue parole sono anticipazioni dall’ultimo libro di Bruno Vespa ma arrivano proprio mentre il Cavaliere raduna i suoi a palazzo Grazioli. E proprio mentre, dalla sede di Farefuturo, Bocchino e Urso comunicano l’arrivo di due esponenti del Pdl in Fli: Daniele Toto e Roberto Rosso.

“Senza il Pdl Fini non sarebbe presidente”. Prima di tutto Berlusconi ci tiene a ricordare a Fini che senza il Pdl ora sarebbe ancora il leader di un partito senza troppo peso.  A Vespa che gli chiede se a suo avviso il Pdl fosse fallito Berlusconi replica: ”Assolutamente no. E tutti insieme abbiamo deciso di continuare sulla stessa linea. La rottura e’ avvenuta per questioni personali e non politiche”. Non era prevedibile, osserva il giornalista, che Fini non si rassegnasse alla riduzione del suo potere? ”Forse. E’ vero che Fini fu spinto ad unirsi a noi dalla consapevolezza che altrimenti le elezioni politiche del 2006 avrebbero prodotto un pessimo risultato per An che, nei sondaggi in nostro possesso risultava al 6,3 per cento. Eppure immaginavamo che sull’atteggiamento dei suoi leaders avrebbero finito col prevalere le ragioni e i vantaggi del progetto che stavamo portando avanti. Senza questa rivoluzione politica, difficilmente Fini avrebbe potuto assurgere alla terza carica dello Stato: un risultato che dovrebbe appagare le ambizioni di chiunque”. Forse, osserva infine Vespa, Fini si aspettava un partito tradizionale, con una maggioranza e una minoranza, e una consultazione regolare sulle scelte di fondo.

“Il Popolo della Libertà – rivendica Berlusconi – è un partito assolutamente democratico e Fini veniva informato regolarmente su tutto quel che accadeva da Ignazio La Russa che lui aveva indicato come coordinatore del partito. In tutta Italia sono stati nominati come coordinatori gli uomini che Fini aveva indicato e lo stesso e’ avvenuto per i candidati da lui indicati alle elezioni amministrative, alle europee e alle regionali. Per il resto io mi sono attenuto sempre alle decisioni del nostro Ufficio di Presidenza composto per il 30% di Parlamentari provenienti da Alleanza Nazionale. Le ho accettate anche quando ne dissentivo. Avevo indicato, per esempio, sulla base dei sondaggi in nostro possesso, Adriana Poli Bortone come candidata vincente in Puglia. Cosi’ avevo indicato per il Lazio Luisa Todini, ma a seguito della decisione, sostenuta da Fini, dell’Ufficio di Presidenza ho accettato la candidatura di Renata Polverini che poi si e’ rivelata un’ottima candidata e l’ho fortemente sostenuta nella campagna elettorale a differenza di Fini che se ne e’ disinteressato”.

“Alleanza? Mai dire mai”. Poi però il Cavaliere dice: “C’e’ sempre la speranza che tutti gli elettori del centrodestra possano ritornare sotto un’unica bandiera per un vero cambiamento del Paese. Capisco che i parlamentari del nuovo gruppo si siano sentiti in dovere di seguire Fini che li aveva indicati personalmente nelle liste elettorali. Ma in loro esiste anche la consapevolezza di un dovere di lealtà nei confronti degli elettori che li hanno votati sotto il simbolo del Popolo della Libertà, un simbolo in cui compariva il nome di Berlusconi come candidato presidente. Anche recentemente alcuni di loro mi hanno confermato la loro lealtà: ‘Stiamo con Gianfranco, ma mai contro Silvio'”. “Il Popolo della Libertà, lo ripeto per l’ennesima volta, – sostiene Berlusconi – non ha mai messo nessuno alla porta, ma ha subito una scissione che evidentemente era stata preparata da tempo e aspettava soltanto un pretesto per consumarsi. Dunque, non si tratta di un’espulsione, bensì di un’autoesclusione”.

“Fini non è mai stato cacciato – sostiene il premier – Il dispositivo della riunione spiega tutto. Noi parlavamo di Fini come presidente della Camera e non come componente del partito. L’unico elemento concreto di quel documento fu il deferimento ai probiviri dei tre elementi piu’ oltranzisti nell’azione critica nei confronti del governo. In ogni caso, quando una maggioranza nomina il presidente della Camera o del Senato, si aspetta, come minino, che essi condividano il programma legislativo che questa maggioranza e il suo governo presentano nella Camera di loro competenza”.