Settimana calvario per Berlusconi, stretto tra Bossi per i soldi alla Lombardia e Fini per la legge bavaglio

La settimana che si apre domani, lunedì 14 giugo, non sarà semplice per Silvio Berlusconi, non solo per l’ansia per l’esordio dell’Italia ai Mondiali di calcio, che lo accomunerà alla maggioranza di noi, ma per i problemi politici che lo aspettano, sul cammino parlamentare della legge sulle intercettazioni e sulla manovra finanziaria di Tremnti.

Al crocevia di questi due percorsi c’è la faccia di Umberto Bossi, che nella serata di sabato si è fatto uscire dall’angolo della bocca un po’ storta una serie di frasi molto semplici, secche ma raggelanti.

Ha cominciato a lodare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sabato Napolitano ha lanciato un appello alla condivisione per il bene dell’Italia, e Bossi lo ha sottolineato, dicendo che “ha espresso parole ottime”.

Subito dopo buone parole anche per la sinistra: “Noi il federalismo lo abbiamo fatto passare, però abbiamo avuto bisogno che la sinistra si astenesse. Se la sinistra non si fosse astenuta il federalismo non sarebbe passato”.

Poi anche qualcosa di più, quasi un’apertura: dopo che Enrico Letta aveva tenuto venerdì un convegno per sostenere la necessità del dialogo con a Lega, Bossi ha sentenziato: “La sinistra comincia a valutare le cose realisticamente”.

Infine sette parole da mandare i brividi giù per la schiena di Berlusconi: “Chi dialoga con noi vince le elezioni”. Sono parole che possono  avere solo un senso: Bossi sta trattando con Berlusconi qualcosa che l’altro non vuole concedere e allora lui gli tocca il tempo, consapevole del fatto di essere lui, Bossi, l’unico politico di cui Berlusconi abbia paura, e con qualche ragione, visti i precedenti di vent’anni fa.

Probabilmente Bossi vuole da Berlusconi qualche concessione sulla finanziaria. Ha detto infatti Bossi nel suo infaticabile sabato leghista: “Non ho mai visto una finanziaria passare senza accettare un po’ di emendamenti:  c’e’ uno spazio per modificare la manovra. Certo non si deve far saltare completamente la finanziaria. Ma un po’ di emendamenti vengono sempre accettati”.

Umberto Bossi

La chiave potrebbe essere in queste parole indirizzate, con un irritante tono paternalistico e un po’ protettivo al presidente della Lombardia Roberto Formigoni, che nei giorni scorsi aveva lanciato un allarme per dire che i tagli previsti nella manovra graveranno eccessivamente sulle regioni. Bossi gli ha virtualmente accarezzato il capino e lo ha invitato a ‘stare tranquillo’: i tagli previsti dalla manovra non uccideranno il federalismo fiscale, parola di Bossi. “Se non sono preoccupato io, stia tranquillo Formigoni che non è così. La manovra per me, non riguarda il federalismo”.

Bossi ha poi dato  un calcetto là in basso anche a Formigoni:  “Certo, se uno pensa che il federalismo vuol dire che lo Stato deve dare più soldi, ha sbagliato a capire. Il federalismo significa proprio che lo Stato da meno soldi”. E non è vero, ha chiuso il tema Bossi, quel che dice Formigoni che i ministeri sono meno toccati dai tagli della manovra rispetto alle regioni, alle province e ai comuni, Bossi replica che “i ministeri pagano anche loro, tutti i ministeri sono stati decurtati di mezzi economici”.

Bossi ha infine toccato l’altro tema caldo dell’agenda politica, il ddl sulle intercettazioni, ormai definito ‘legge bavaglio’. Anche su questo Bossi è stato tranchant e minaccioso, dicendo che  non sarà facilmente modificato in Senato, anche perché se dovesse accadere “non passerebbe piu'”.

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