ROMA – ”Torno in pista per salvare il Pdl. Alle elezioni politiche del 2008 abbiamo preso il 38 per cento. Se alle prossime dovessimo scendere per assurdo all’8 per cento, che senso avrebbero avuto 18 anni di impegno politico?”. A parlare è Silvio Berlusconi in un colloquio con Bruno Vespa, di cui il giornalista riporta alcuni stralci in un articolo su QN, mentre il suo cerchio magico agita il Pdl.
”Avrei voluto dare l’annuncio più in là, magari all’inizio dell’autunno. Ma qui non si riesce a tenere niente di riservato”, dice Berlusconi, che commenta anche l’innalzamento dello spread. ”Noi subimmo una violentissima campagna sugli spread – ricorda – eppure io ho sempre saputo che essi sono frutto di speculazione e non hanno niente a che vedere con i fondamentali di un Paese”.
All’intervista, realizzata per il nuovo libro di Vespa, era presente anche il segretario del Pdl Angelino Alfano, che in merito alla ridiscesa in campo del Cavaliere ha ribadito: ”Il candidato è lui. Io resto solo il segretario del partito”.
Secondo Fabrizio Cicchitto, il capogruppo del Pdl alla Camera, bisogna rinnovare “senza smontare Pdl”. In un intervento sul Giornale scrive: “A circa un anno dalla data ‘normale’ delle elezioni non si può più tergiversare”. Un’altra ipotesi, rileva, “era possibile, qualora la messa in campo di Alfano avesse favorito la formazione di una grande aggregazione di centrodestra fra il Pdl e l’Udc”.
Tuttavia “Casini, che avrebbe potuto svolgere un ruolo strategico contribuendo alla formazione di un grande partito moderato- riformista di centrodestra, ha invece preferito svolgere un ruolo tattico”. E in merito al rilancio del partito, Cicchitto sostiene che non è possibile “smontare il Pdl e tornare alla Forza Italia del 1994, anche perché sarebbe un’operazione impossibile. Del Pdl si può cambiare il nome e il simbolo ma non può essere smontato nel suo meccanismo associativo di fondo costituito dall’incontro fra l’area politica di Forza Italia, quella derivante da An e quella espressa da formazioni minori. Poi andrà realizzata una giusta combinazione tra rinnovamento e continuita”, e “dovranno essere decisivi da un lato le eventuali capacità tecniche, dall’altro il radicamento sul territorio dei soggetti protagonisti”.
Di opinione opposta a quella del capogruppo della Camera è invece Giorgio Stracquadanio che vede ormai prossimo il tramonto dell’ex premier. Il deputato Pdl ha deciso di lasciare il partito: “Lascio il Pdl. Non è un annuncio e non è una minaccia, è una decisione”.
In un articolo pubblicato oggi 14 luglio sul Corriere della sera, Stracquadanio annuncia di volersi iscrivere al gruppo misto della Camera: “Berlusconi – sostiene Stracquadanio – è al tramonto e la sua ricandidatura è la conferma che il Pdl non esiste. Mi sarei aspettato che il cavaliere usasse la sua forza per dar vita a un progetto liberale, invece tutto resta in continuità con gli errori del passato. Avremmo dovuto spiegare al Paese come abbiamo tradito quel mondo dei produttori che voleva meno stato, meno spesa pubblica e più mercato. Invece abbiamo pensato di cavarcela scaricando tutto su Tremonti”.
Quanto ad Angelino Alfano, per Stracquadanio è “un bravo ragazzo, ma come avrebbe detto il Berlusconi di un tempo è uno che vive di politica, non per la politica. La sua biografia era il prodromo della sconfitta”, dice.
Critico ovviamente anche Pier Luigi Bersani. All’assemblea del Pd, il segretario del Pd critica il ritorno di Berlusconi”Nei prossimi mesi dovremo risvegliare in Italia una ragionevole fiducia. Mettendoci all’attacco. Quale risparmiatore dovrebbe aver fiducia nell’Italia davanti a liste di fantasia, partiti per procura, leadership invisibili e senza controllo o agghiaccianti ritorni?. Se gli italiani dovessero scegliere soluzioni avventuose e disperate perché gli europei dovrebbero darci fiducia?”.
“È chiaro che la ridiscesa in campo di Berlusconi non farà certo bene all’Italia”, ma “ora nessuno ha più alibi, siamo tutti in campo aperto. Chi sceglie il Pdl o come si chiamerà, sceglie Berlusconi”, mentre “il nostro compito sarà aggregare il centro”, dice Pier Ferdinando Casini, in un’intervista al Messaggero. Il leader dell’Udc spiega che “il giorno dopo le elezioni l’Italia non è governabile senza una convergenza tra le grandi forze politiche”. E se il Pdl non ci starà, “significa che si autoesclude”. Casini dice di essere “contento” di vedere Berlusconi “in forma, vitale come sempre”, ma – osserva – “per la terza volta ha scelto di confermare che il suo può essere nient’altro che un partito carismatico, populista, personale”.
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