I Quattro a Berlusconi: Ave Cesare, sfigati te salutant?

Berlusconi ritratto come Giulio Cesare in una caricatura

Se davvero nei giorni sereni lo chiamavano “Cesare”, in questi giorni agitati a qualcuno di loro sarà scappata la battuta: “Ave Cesare, sfigati te salutant”. Non è vero che così i gladiatori salutavano nell’arena l’imperatore, è un’antica e consolidata invenzione cinematografica. Ma il saluto dei “morituri” rendeva l’idea dell’estremo omaggio all’estremo potere. E’ un’invenzione, anche se plausibile, del cronista quel “Sfigati te salutant”, ma rende l’idea della pietosa bugia, bugia di governo.

Non è vero che sono “sfigati” i quattro e, a ben contare, non sono neanche quattro. Tra loro due sotto segretari di governo, Caliendo che è ancora lì ad occuparsi di giustizia e Cosentino fresco di dimissioni dall’economia. E un coordinatore nazionale del Pdl, Verdini. Un senatore e che senatore del Pdl: Marcello dell’Utri. Uno che ha conosciuto Berlusconi all’Università, a 33 anni è diventato il suo segretario personale. E che sette anni dopo governa Publitalia, la concessionaria di pubblicità, la pompa e il cuore finanziario dell’allora Fininvest azienda di famiglia. Uno che trasforma Publitalia in Forza Italia. Uno che viene arrestato 15 anni fa e si fa un po’ di galera per fondi neri e non dice una parola che faccia danno all’azienda di famiglia. Uno che patteggia una pena di due anni e tre mesi per frode fiscale e false fatture, sempre relative all’azienda di casa.

E tra loro c’è ancora Cosentino. Come, non si era dimesso? No, c’è ancora, resta coordinatore campano del Pdl e scusate se è poco. E poi gli amici dei quattro: il ragioniere che conosce i magistrati, il magistrato che si fa raccomandare, l’ex politico campano dei tempi della cosiddetta Prima Repubblica. E Flavio Carboni e la sua favolosa agenda, i suoi vasti e mai spenti contatti. Sono “sfigati” due sottosegretari, uno dei triumviri nazionali del partito, un senatore da sempre uomo di fiducia? Forse Berlusconi voleva dire che sono “sfigati” nel senso che stavolta gli ha detto male. Insomma, la “sfiga” di un incidente di percorso. Infatti il premier ha spiegato: “Volevano cambiare l’Italia…Se non ci riesco io…”. Insomma sfigati con buone intenzioni.

Analoga “sfiga” ha colpito di recente due ministri, prima Scajola, quello della casa compratagli ” a sua insaputa”. E Brancher, quello de “gli italiani incattiviti dall’eliminazione al mondiale se la prendono con me”. Entrambe performaces dichiaratorie inarrivabili. “Sfiga” che già prima aveva provato ad accanirsi e ad attaccarsi a Bertolaso, manager modello e ministro di fatto per esplicite dichiarazioni del premier. Una sfiga contagiosa, anzi endemica nel cerchio stretto intorno al premier.

Qualcuno degli “sfigati” ha già salutato, altri resistono nell’arena. Hanno combattuto e lottato nel nome e con il consenso del premier che con tutti si è congratulato. Anche nel momento del “saluto”. Un vero comportamento da capo dell’impero. Nessuna sorpresa se davvero al telefono, quando si scambiavano promesse e assicurazioni, quando si impegnavano a riferire o a farsi “timbrare” le decisioni, lo chiamassero “Cesare”. A meno che non si riferissero a Previti, l’unico, almeno in apparenza, davvero pensionato.

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