Governo a rischio: breve cronistoria della crisi politica di Berlusconi

Governo tecnico, Berlusconi-bis, dimissioni del premier, scioglimento delle Camere, anzi no, di una sola. Lo strappo di Gianfranco Fini e i suoi (culminato il 15 novembre con le dimissioni degli esponenti di Fli che ricoprivano incarichi di governo) ha dato una spallata alla maggioranza e aperto la “battaglia delle strategie” per capire se il governo sia in “coma irreversibile” o se c’è ancora la speranza di riportarlo in vita. E poi, se l’esecutivo non avesse i numeri per andare avanti, cosa succederebbe? Un governo di transizione costituito ad hoc per modificare la legge elettorale? Un rimpasto di Berlusconi, magari con qualche nuovo “colpo di mercato”? E se invece i finiani optassero per l’appoggio esterno? Il presidente della Camera si alleerà con l’Udc di Casini? E l’opposizione che fa? Le tumultuose vicende della vita politica italiana negli ultimi giorni hanno portato politici e giornalisti a formulare ipotesi su ipotesi sulle mosse che gli strateghi della politica italiana metteranno in atto.

Ecco una breve cronistoria di come la crisi di governo (o perlomeno la sua “malattia”) è stata raccontata sui principali quotidiani italiani negli ultimi giorni. Ecco come gli scenari si sono evoluti giorno dopo giorno. Nel frattempo, è utile ricordare, è stato annunciato che la fiducia al governo sarà votata in Senato il 14 dicembre.

13 novembre

Erano passati 5 giorni dal discorso di Fini al congresso di Bastia Umbra. Da 5 giorni Futuro e Libertà aveva “le mani sciolte” rispetto al governo, per usare un’espressione cara al portavoce di Fli Italo Bocchino. Eppure il presidente della Camera non sarebbe stato pronto ad uno scontro frontale con i suoi ex alleati di Pdl e Lega.

La tesi è stata sostenuta sul Corriere della Sera da Francesco Verderami: “Fini non è intenzionato ad appoggiare un ribaltone”. La motivazione sarebbe stata il danno di immagine che un’azione così clamorosa avrebbe provocato allo stesso Fini: l’ex leader di Alleanza Nazionale sarebbe infatti visto come un “traditore”. Tra l’altro era stato lo stesso Fini, spiega Verderami, a dire (sempre a Bastia Umbra) che si sarebbe mosso “all’interno del recinto del centrodestra”.

A questo punto il giornalista del Corriere ha citato un parallelo storico che avrebbe fatto riflettere Fini: “sa di non poter commettere «un errore storico», quello citato dal pdl Giuliano Cazzola, che ieri ha ricordato come «i comunisti riuscirono a liquidare il craxismo, ma non furono in grado di annettersi i voti socialisti»”.

Fini pensava dunque a uno smarcamento più graduale dalla “casa madre” del Pdl e dal governo che aveva sino a quel momento sostenuto. La nuova tattica del presidente della Camera avrebbe previsto una mozione si sfiducia da presentare in Parlamento. Lorenzo Fuccaro, sempre sul Corriere, ha parlato, non a caso, di “sfida sulle mozioni”.

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