Berlusconi, Dell’Utri, Previti: i due condannati e il “Cavaliere Grigio”

Marcello Dell'Utri in tribunale

Mettiamola così: voi ci credete che nella stessa “culla” nascevano gemelli Forza Italia e gli attentati mafiosi? Che quelle bombe di inizio anni Novanta erano la “levatrice” della nuova forza politica, che Cosa Nostra e il partito degli “Azzurri” erano il braccio e la mente, l’uno dell’altra e viceversa? Io no, non ci credo. E non perché metto la mano sul fuoco per qualcuno ma perchè nella storia dei paesi e degli uomini non esistono “Grandi Regie” così sbrigativamente semplici e banali. E perchè Forza Italia non nacque e crebbe per forza e paura di Mafia ma forza di un sogno e paura del presente. Non ci credo io e non ci credono anche gli ultimi giudici dell’ultima sentenza, quella che condanna e non assolve Dell’Utri. La tentazione di attribuire tutto quel che accade al “disegno intelligente e onnipotente” dei Poteri Forti e Criminali è puerile ed essa sì assolutoria. Serve ad assolvere la società dalle sue scelte e dalla sua responsabilità. Può essere coltivata ma ogni volta che finisce in un’aula di Tribunale, e non è la prima volta, si ritrova ad essere quella che è: un fumetto, un cartoon.

Mettiamola così: voi credete che Berlusconi imprenditore, la sua Fininvest, la sua Publitalia, i suoi Dell’Utri e i suoi Previti compravano sentenze e magistrati, davano denaro in nero ai partiti in cambio di leggi benevolenti, falsificavano i bilanci aziendali e trattavano, se necessario, incolumità e protezione anche con i boss e i portavoce del crimine organizzato. Ecco, messa così è messa male: non è questione di “crederci”, è scritto nelle sentenze e negli atti giudiziari, anche quelli che hanno “prescritto” i reati e le responsabilità. La sentenza d’Appello che condanna e non assolve Dell’Utri lo condanna proprio per questo, per aver per molti e lunghi anni frequentato gli uomini e i luoghi di affari mafiosi.

E allora mettiamola così: un senatore della Repubblica, a lungo collaboratore stretto di Berlusconi imprenditore prima che Berlusconi si facesse politico, è riconosciuto dalla seconda e consecutiva Corte di giudizio colpevole di trattative e affari con la mafia. Affari aziendali e non politici, ma di certo affari. E un ex ministro della Repubblica, a lungo avvocato principe di Berlusconi imprenditore prima che Berlusconi si facesse politico, è da tempo condannato con sentenza definitiva per affari di processi “aggiustati”. Messa così e così in effetti sta messa, dovrebbe indurre non lutto né disastro politico nel centro destra ma dolore sì, dolore e mestizia civile. Avrebbe dovuto indurre il centro destra a gridare: noi siamo altro e ci addolora che qualcuno di noi sia stato anche questo. Invece il centro destra fa festa nel veder scritto nero su bianco che Dell’Utri e Previti sono stati colpevoli.

E allora mettiamola così e facciamola finita: Berlusconi imprenditore non è stato il “Cavaliere Bianco” dello spirito d’azienda. Lo raccontano le storie documentate dei suoi “cavalieri”, è la storia della sua “tavola rotonda”. Poichè questo lascia da decenni indifferente la gran parte della pubblica opinione, nasce l’opposto mito del “Cavaliere Nero” in politica, la voglia matta di smascherare e finalmente rivelare quel che è noto ma indifferente ai più. E si instaura da una parte l’attesa messianica della “sentenza fine di mondo”. Sentenza che non arriva e mai arriverà. Dall’altra parte si consolida e si fa religione e costume la pratica della irrilevanza sfrontata. Di un senatore condannato per quel che è stato condannato Dell’Utri il partito più votato dagli italiani dovrebbe dolersi e disfarsi. Invece ne fa gloria e bandiera. Mettiamola così: a destra e a sinistra la verità, tutta la verità risulta inconfessabile, anzi indigeribile. Anzi ci fa schifo. Messa così, messa così com’è, non c’è speranza.

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