Si dimette sì, ma quando? Gli chiedono il 14 novembre, probabile il 29

ROMA –  Dimissioni, passo indietro, sì ma quando? Si chiede, si implora lunedì 14 novembre, subito dopo l’approvazione della legge di stabilità. Più verosimile la fine del mese, diciamo il 29, stando all’agenda imposta dalla maggioranza. La mossa di Berlusconi, rimettere il mandato solo un minuto dopo l’approvazione della legge di stabilità, forza la mano a Napolitano per chiudere la legislatura e indire nuove elezioni, magari il 29 gennaio. Evitando così governi di larghe intese o tecnici o quant’altro escluda definitivamente il premier dal gestire la transizione. Il nodo è appunto la calendarizzazione del voto sulla legge di stabilità e il relativo maxi emendamento che recepisce i vincoli imposti dalla Ue. A prescindere dal testo (non ce n’è ancora uno organico, il maxi emendamento è comunque atteso per oggi alle 16 in Commissione Bilancio), le date fissate erano il 15 novembre al Senato con successivo passaggio alla Camera previsto per fine mese. L’opposizione faciliterà il cammino della legge astenendosi o non votando come nella votazione sul budget (rendiconto), o in extrema ratio votando sì con la rinuncia ai suoi 250 emendamenti ridotti a una decina. Ma chiede tempi molto più rapidi. Cioè entro l’inizio della prossima settimana.

I centristi, con il capogruppo D’Alia, spingono perché l’approvazione non porti via più di 10 giorni, diciamo entro la fine della prossima settimana, sabato 19 novembre. Improbabile, visto che solo per la pratica dell’approvazione in Senato ci sono tempi tecnici di almeno una settimana. In alternativa e in considerazione della caduta libera dei titoli di stato (che hanno superato la soglia critica di un rendimento superiore al 7%) si cerca una soluzione parlamentare più sbrigativa. Con la buona volontà della maggioranza, spiegano Pd, Idv e Udc, si potrebbe licenziare il testo già domani, giovedì 10 novembre, in Commissione Senato e votarlo il giorno dopo in Aula. Stessa cosa per la Camera con approvazione finale entro domenica 13 novembre. Dal giorno dopo Napolitano avrebbe le dimissioni del premier in mano e con la facoltà di decidere sul futuro della legislatura.

Ma la maggioranza, che non ha rinunciato all’idea di rimanere in piedi fino a Natale incipiente, è difficile che mollerà sulla gestione del calendario dei lavori. La Lega ha già annunciato degli emendamenti al provvedimento in Commissione Bilancio. Ha parlato anche di sub-emendamenti e non intende accorciare i 10 giorni dell’approvazione in Senato. Per la Camera stesso percorso: altri 10 giorni. La Russa, che prima prevedeva gli stessi 20 giorni, stamattina concedeva un restringimento dei tempi fino a 15 giorni, spingendosi a 10 considerando la disponibilità dell’opposizione a votare il provvedimento.

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