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Berlusconi il giorno dopo: apre a Monti, gli ‘scontenti’ s’arrabbiano

di Maria Elena Perrero |9 Novembre 2011 23:01

ROMA, 9 NOV – A neppure 24 ore dalle annunciate dimissioni da premier, nuova rivoluzione copernicana per Silvio Berlusconi. Il premier, che ancora stamattina ripeteva urbi et orbi di vedere all'orizzonte solo il voto, apre infatti all'idea di un governo Monti.

Un'altra giornata drammatica inizia per il Cavaliere con la lettura dei giornali, pieni di foto di quelli che fino a ieri ha considerato fedelissimi e ora chiama ''i traditori''. Non basta: le cronache parlano delle grandi manovre di Scajola e Pisanu per gonfiare le vele del governo di unita' nazionale, di un partito del 'no al voto' che si irrobustisce di ora in ora nel Pdl.

Il pressing dei piu' fidati collaboratori – da Gianni Letta a Denis Verdini a Fabrizio Cicchitto fino ad una decina di agguerriti ministri – e' battente: non si deve andare a votare, sarebbe una debacle, ed una campagna elettorale ora sarebbe da irresponsabili.

Berlusconi si chiude a Palazzo Grazioli in una no-stop di incontri che somiglia tanto ad un gabinetto di guerra. La reazione dei mercati e' pessima e a meta' pomeriggio anche il fratello Paolo arriva nella residenza romana del premier.

''Mediaset sta sprofondando…'' spiega un esponente di vertice del Pdl. Industriali e banche spingono per un esecutivo di salvezza nazionale, il Colle rassicura i mercati con una nota che serve pero' anche a mettere nero su bianco l'imminenza delle dimissioni, disintegrando il sogno segreto che qualcuno coltiva di un Berlusconi ancora in sella.

Ma scoppia un'altra grana, proprio mentre il premier si rassegna all'idea di un governo Monti (con l'ultima pretesa pero' di avere un suo uomo di fiducia come vicepremier). Parte un'operazione degli 'scontenti al contrario': una pattuglia di ministri ed esponenti di punta ex An (La Russa, Matteoli, Ronchi, Meloni) e Fi (Brunetta, Sacconi) si schiera contro ''il governo con il Pd''.

''Se tu accetti – arrivano a dire al premier – noi facciamo l'opposizione''. L'idea giusta, rilanciano, e' quella di Umberto Bossi: un governo guidato da Angelino Alfano che riunisca Lega, Pdl ed Udc. O altrimenti il voto, ed il piu' presto possibile''. In serata un vertice dei 'neo ribelli' si riunisce alla Camera.

Berlusconi si trova cosi' di fronte ad un partito spaccato, tra i molti che tirano per un governo delle larghissime intese (per dare risposte immediate ai mercati e all'Europa e portare il Paese fuori dalla crisi) e quelli che invece gli chiedono di non farsi convincere e puntare dritto al voto, come del resto fa la Lega. ''Sono tutti ministri ex An ed ex Fi che hanno la matematica certezza di essere tagliati fuori da un esecutivo Monti o Amato, e si giocano la carta del voto'', sibila un fedelissimo del premier.

Ma il premier, quando a sera comincia l'ennesimo vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli, ha in testa un unico timing: sabato pomeriggio alle quattro il si' finale del Parlamento alla legge di stabilita', poi al Colle per le dimissioni. E dopo un nome soltanto: Mario Monti.

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