Paolo Berlusconi indagato a Milano per le intercettazioni Fassino-Consorte

Paolo Berlusconi, editore del quotidiano Il Giornale e fratello del presidente del Consiglio, è indagato dalla Procura di Milano per ricettazione del contenuto delle intercettazioni segrete che riguardano la conversazione intercorsa tra il presidente di Unipol Giovanni Consorte e l’allora leader dei Ds Piero Fassino del luglio 2005. Lo riporta il Corriere della Sera.

Intercettazione pubblicata da Il Giornale il 31 dicembre 2005 allorché non soltanto non era ancora depositata agli atti, né trascritta o riassunta, ma esisteva solo come file audio nei computer dei pm, degli ufficiali della Guardia di Finanza, e dell’azienda privata Research control system (Rcs) che per conto della Procura svolgeva le intercettazioni.

Quando martedì fu arrestato Fabrizio Favata per la successiva estorsione da 300 mila euro ai danni di Raffaelli, titolare della Rcs, il gip Giordano ha ritenuto “non rilevante accertare se la circostanza della consegna del file a Berlusconi sia vera o no”. Paolo Berlusconi è indagato per ricettazione e Silvio no: perché? La ricettazione è il reato commesso da chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta qualcosa che proviene da un furto o altro delitto.

Il presupposto, dunque, è la consapevolezza della provenienza illecita di ciò che si riceve. Sinora la Procura sembra non volersi ancora avventurare sull’attribuzione di questa consapevolezza in capo a Silvio Berlusconi, almeno non soltanto sulla base della dinamica dell’incontro ad Arcore per come l’hanno raccontata sia Favata sia il suo amico e partner di fatture false con Raffaelli, Eugenio Petessi.

La differenza di trattamento giuridico di Paolo Berlusconi starebbe però nel fatto che Favata afferma d’avergli portato l’intercettazione già uno o due mesi prima dell’incontro di Arcore a Natale. A suo dire, gliel’avrebbe portata direttamente nella sede milanese de Il Giornale, dove Paolo Berlusconi l’avrebbe ascoltata. Al termine l’editore avrebbe raccomandato a Favata di portarsela via, proprio perché era  materiale pericoloso.

Da questo racconto gli inquirenti sembrano desumere nel fratello del premier la consapevolezza della provenienza illecita delle telefonate. Sinora Paolo Berlusconi era indagato per millantato credito in un altro filone dell’inchiesta: nell’ipotesi cioè che dal giugno 2005 al luglio 2006 abbia ricevuto 560.000 euro da Favata, ma per conto di Raffaelli, «col pretesto di dover comprare il favore di pubblici ufficiali».

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