Al Senato il Berlusconi offeso: “Io grande tycoon che ho intimato a Obama, Medvedev e Bush…”

Pubblicato il 30 Settembre 2010 - 16:53 OLTRE 6 MESI FA

Il tycoon Berlusconi combattivo al Senato

E al secondo giorno fu il “leader offeso”. Offeso dalla sottovalutazione di stampa, offeso da quelli che in Parlamento lo criticano, offeso da chi non capisce, da chi non è altezza. E’ pomeriggio al Senato e Berlusconi annuncia: “Qui stamattina si dormiva, adesso ci divertiamo un poco”. Tono della voce alto, braccia e mani che sottolineano le frasi, gestualità da sfida: “L’immondizia a Napoli? A Napoli il problema della raccolta dei rifiuti è stato definitivamente risolto. L’unica cosa che non funziona è il Comune, l’unica cosa che non va ha nome e cognome”. Nome e cognome scandito sillaba per sillaba: “Ro-sa-rus-so Jer-vo-li-no”. “I tagli alla scuola? Falso, nella scuola abbiamo fatto la rivoluzione del merito e sconfitto il Sessantotto”.

“E poi, onorevole Zanda, lei che dice che l’Italia conta nulla nel mondo…Lei si sbaglia di grosso, anzi la azzero definitivamente. Non conto niente? Sa cosa ha fatto questo signore qua? Ho intimato a Obama e Medvedev di fare l’accordo per limitare le armi nucleari. L’ho intimato, ho intimato loro di non presentarsi in Italia al G8 senza l’accordo e Obama quando è arrivato è arrivato con l’accordo in mano. E l’altro presidente Bush…Quando falliva la Lehman Brothers, quando l’amministrazione repubblicana nulla faceva, questo signore qua è andato lì e li ha convinti a stanziare 700 miliardi di dollari per salvare il sistema. E Gheddafi, noi inginocchiati? Abbiamo ereditato una Libia che non ci dava nulla, che aveva una festa nazionale della vendetta, vendetta contro di noi. Ora la Libia ci dà gas e petrolio per 40 anni e noi gli abbiamo dato solo una splendida manifestazione dei carabinieri. Ho chiesto perdono e chiuso la questione coloniale”.

“Ciarrapico? E’ stato frainteso. Io mi sento israeliano!”. E poi l’ultima: “Ho fatto stampare e farò distribuire il libro: due anni di governo Berlusconi. Vi stancherete a leggerlo, tanta la roba che c’è”.

“Chiedo la fiducia, votate bene”: sono state le ultime parole. Le prime erano state un orgoglioso “Sono un grande tycoon”. In mezzo, durante tutto il discorso al Senato, la voglia di mostrare il fastidio se non la rabbia per il fatto che un “grande tycoon” debba restare appeso ai voti di “nani” della politica. Uno che “intima” a Obama e Medvedev, uno che converte Gheddafi, che convince Bush a salvare il sistema finanziario mondiale, uno che ferma i carri armati russi “a quindici chilometri dalla Georgia, dove andavano ad appendere a un albero il presidente georgiano”, per uno così come si è raccontato Berlusconi deve essere insopportabile restare appeso a un Parlamento che cucina “vecchia politica”. Il Berlusconi offeso se l’è tolto dallo stomaco e se l’è fatto uscire dalla bocca.