Gli interventi alla Camera si susseguono in processione. Silvio Berlusconi all’inizio neppure c’è. Se ne accorge Dario Franceschini che protesta e lo fa presente al presidente Gianfranco Fini. Il premier arriva una manciata di minuti dopo, si siede e inizia a leggere e scrivere sui suoi appunti. Non alza la testa. Piovono elogi e critiche al suo governo, ma il Cavaliere è assorbito dal suo lavoro.
Un “lavoro” non esattamente ortodosso. Berlusconi, infatti, non sta limando il suo intervento, sta controllando e correggendo gli interventi degli esponenti del suo stesso partito. Un’aggiunta qua, una cancellatura là: da buon padre di famiglia che corregge i compiti ai figlioli per evitargli brutte figure in classe. Se ne accorge un deputato del Pd e parte, inevitabile, la soffiata ai giornalisti. La notizia si diffonde e, stavolta, non arriva neppure una smentita di circostanza.
La curiosa coincidenza è che alla Camera, tra gli altri, parla anche la deputata del Pdl Nunzia De Girolamo. L’inzio del discorso è sufficientemente disinvolto. Dopo qualche minuto, però, la deputata inizia ad impappinarsi. A pensar bene è l’emozione di parlare in diretta tv in un giorno così importante. A pensar male sembra che la deputata legga qualcosa di non scritto da lei, che qualcosa in quei fogli, non è proprio da copione.
La De Girolamo, infatti, man mano che legge sembra accumulare ansia e gli intoppi si moltiplicano. Si rivolge e attacca direttamente proprio Fini, non senza incertezze. Alla fine la De Girolamo si blocca bruscamente: “Il Popolo della Libertà è un partito dei doveri, ha il compito di aprirsi alla società italiana, di renderla contendibile là dove la sinistra l’ha sempre chiusa tra le corporazioni, fra i potentati economici, fra i baroni e fra gli ordini superati dal tempo. Dov’è oggi l’università nella quale il figlio dell’operaio può diventare notaio con pari diritti rispetto al «figlio di»? Il nostro è un progetto riformatore: porre tutti nelle stesse eguali ed identiche condizioni di partenza. Questo si ottiene non facendo uguali tra diseguali come la sinistra vorrebbe, ma facendo della democrazia… Scusate”.
Piovono gli applausi e spezzano l’imbarazzo, ma non lavano via quella sensazione di qualcosa che non torna. C’è forse un nesso tra le papere della deputata e la penna lesta del Cavaliere “correggente”?