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Berlusconi, la tv e il giornalista estinto

di Mino Fuccillo |23 Maggio 2011 16:30

ROMA-Va bene tutto, c’è, ci sarebbe posto per tutto. Per il diritto di Silvio Berlusconi a farsi sentire in campagna elettorale, perfino senza che gli stiano lì a contare i minuti come se la misura delle democrazia e della libertà fosse un tassametro. E per chi i minuti li conta eccome, perché anche in politica e in propaganda elettorale la quantità fa qualità e se il premier parla da cinque tv nello stesso giorno per due ore filate questa si chiama incontinenza se non prepotenza. E per le misurazioni, sempre tardive e burocratiche della Agcom e di tutte le agenzie e centri studi che stanno lì con il cronometro spesso a sommare pere con mele. E per il riequilibrio invocato dal presidente della Rai Garimberti e suggerito dal direttore generale della Rai Lei. E per la protesta delle opposizioni. E per la sacrosanta e finalmente fiera reazione di Bersani che rifiuta la finta riparazione di una “seduta” a Porta a Porta. E per il chi se ne frega del riequilibrio emesso dai Tg Mediaset. E perfino per il patetico riconteggio fatto da Minzolini direttore del Tg1 che giura: “Solo tre minuti e 33 secondi e non quattro minuti e passa…”. Va bene tutto, il mondo è vasto, c’è, ci sarebbe posto e spazio per tutto e tutti, perfino per Berlusconi troppo, davvero troppo “furbo” e per l’opposizione talvolta troppo lamentosa e querula.

Ad una sola condizione, condizione che non c’è: a condizione che ci fosse il giornalismo in tv. Invece in tv c’è il giornalista estinto. Ci fosse il giornalista, non ci fosse stata la sua estinzione, un capo di governo al terzo anno delle sua legislatura e nell’intervallo tra il primo e il secondo turno di elezioni amministrative in cui ha preso una batosta alla prima uscita, fuggirebbe le interviste. Ci fosse il giornalismo, la scena e la sequenza delle scene sarebbe stata opposta a quel che c’è stata. Non il premier che chiama i direttori dei telegiornali e convoca faretti e telecamere, microfoni e troupes, ma l’esatto contrario: direttori dei telegiornali che lo cercano e lui che esita e dubita se sia il caso, convenga concedere intervista. Ci fosse il giornalismo in tv le due ore di Berlusconi in tv, due ore in cinque puntate di telegiornali, avrebbero fatto sudare il premier. Il giornalista ormai estinto gli avrebbe domandato: non avrete perso voti perché le tasse sono rimaste uguali, anzi? Perché il reddito delle famiglie è diminuito del quattro per cento? Chi sono, chi è quell’elettore su quattro, uno su quattro dei vostri elettori l’anno scorso che invece domenica scorsa non vi ha votato? Perché, chi le ha fatto mancare la metrà delle preferenze sul suo nome? Domande semplici, Nè amiche nè nemiche, solo domande. E dalle risposte si sarebbe visto quanto e che filo il politico aveva da tessere, gli si dava così un’opportunità non uno sgabello o uno sgambetto.

Invece il giornalista in televisione è estinto. Una volta, non molto tempo fa, nelle redazioni si scherzava e si giocava con un paradosso: “Che gli chiediamo, cosa prova?”. Si descriveva così l’impossibile: il giornalista che non ha nulla da chiedere e si rende ridicolo porgendo il microfono. Nessun giornalista, di destra o di sinistra, si sarebbe sottoposto a una simile brutta figura. Anche se pagato, era pagato per confezionare opinione e non per portare il caffè. Ora invece regolarmente si chiede “Cosa prova?” all’accusato di omicidio, al parente della vittima, al giocatore di calcio. E al politico si chiede, si azzarda: “Come va?”. Fossero state interviste quelle cinque di Berlusconi ai cinque telegiornali sarebbero state legittime e benedette, le interviste vnon sono mai troppe. Ma interviste non sono state, il giornalista non poteva farle, era “estinto”. Estinto davanti e al cospetto di Berlusconi, ma purtroppo forte è il sospetto che questa nuova specie di comunicatori televisivi anche a un Bersani avrebbero chiesto: “Come va?”. Va bene, c’è posto per ogni legge e regolamento. Ma se nessuno deciderà di ripopolare l’informazione di giornalisti, nessuna legge o regolamento trasformerà un comizio in intervista. Figurarsi un comizio al cubo del padrone.

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