ROMA – Abbiamo vinto noi, Napolitano lo abbiamo eletto noi, e ora Pdl al governo: questo è il sentimento delle truppe del centrodestra guidato da un Silvio Berlusconi sempre più saldo al timone. Durante l’applauso che ha salutato la rielezione del capo dello Stato, nel sorriso compiaciuto del Cavaliere in contrasto con le lacrime di Pier Luigi Bersani fotografava il risultato della partita del Quirinale: un vincitore e uno sconfitto.
Ora se ne apre una nuova, di partita: formare un governo di larghe intese cercando di pesare il più possibile sulla sua composizione e sul suo operato. E allo stesso tempo cercare di mantenere la giusta distanza da quel governo, essere pronti a smarcarsi un attimo prima delle elezioni, come è stato fatto con successo col governo Monti. Va bene allora un premier “amico” ma intestabile al centrosinistra, come Giuliano Amato o Enrico Letta. Oppure anche Anna Maria Cancellieri, che non ha seguito Monti nella sua fallimentare avventura politica.
Il Giornale registra quest’euforia del centrodestra. Subito dopo la rielezione di Napolitano Nichi Vendola aveva detto che “il vero vincitore è Berlusconi”. L’ex premier mostra la faccia affidabile del leader “responsabile”, ma il suo entourage quella vittoria non la nega. Scrive Alessandro Sallusti nel suo editoriale:
“La ricreazione è finita e il Pd se ne deve fare una ragione: o un governo con Pdl e Monti o elezioni subito; meglio la prima ipotesi e poi, semmai, la seconda più in là. […] I rapporti di forza in parlamento cambiano a soli 50 giorni dal voto. L’alleanza Pd-Vendola non esiste più, così come non esiste più il Pd. Chi verrà dopo Bersani dovrà abbassare le arie e venire a più miti consigli con l’area moderata liberale. […] Il Pdl è un partito non di impresentabili ma di gente per bene e responsabile. Berlusconi non ha infierito sul nemico morente, ha mantenuto calma e buonsenso, non ha diviso ma unito, si è sostituito ai vertici del Pd offrendo su un piatto d’argento la soluzione Napolitano. Di fatto ha vinto lui. Come recita un tweet che circola in queste ore, speriamo ora che la Boccassini non lo indaghi per strage, accusandolo di aver fatto fuori tra il 1994 e il 2013 tutti i leader di Pds, Ds, Ulivo e Pd”.
Francesco Cramer, sempre sul Giornale, racconta lo stato d’animo di Berlusconi:
“Berlusconi è circondato da alcuni parlamentari, la sempre presente Maria Rosaria Rossi, Angelino Alfano, Denis Verdini, Raffaele Fitto, Maurizio Lupi e pochi altri che lo accompagnano verso l’aula. L’ex premier è sorridente e in vena di battute, solo un pizzico pensieroso per la scelta di Fratelli d’Italia di non votare Napolitano. Un distinguo che Berlusconi non condivide per niente, tanto che al suo fianco il segretario del Pdl al telefono con Niccolò Ghedini si lascia scappare un commento piuttosto colorito su Ignazio La Russa. Non lo dice Berlusconi, perché la linea della prudenza è obbligatoria oltre che pagante, ma sul fatto che si senta di aver vinto una delle partite più importanti e delicate della sua vita non ci sono dubbi. Dall’inferno al paradiso in tre, quattro mesi. Da che a dicembre era dato per morto (al punto che molti dei suoi fedelissimi erano ad un passo dallo scaricarlo) a oggi che è l’uomo chiave dell’accordo che sancisce la riconferma di Napolitano. Anzi, ne è di fatto il fautore, il primo a teorizzare che fosse quella «l’unica soluzione possibile». Eppure alla domanda se si senta di aver vinto il Cavaliere fa un cenno con la mano e si chiama fuori con un «non credo di essere io il vincitore». Nessun trionfalismo, dunque. Tanto che pure su Bersani preferisce non infierire visto che si guarda bene dal rispondere ai cronisti che gli chiedono se sia invece il Pd «il grande sconfitto»”.
Lo “stragista” Berlusconi guarda già alle trattative: “E ora lavoriamo per un governo forte, politico, e che duri. Adesso dobbiamo riaccreditarci in Europa e lavorare per trovare la quadra con il Pd”.
I commenti sono chiusi.