Bersani a Renzi: “Stai sereno, no scissioni e rispetta i sindacati”

Bersani a Renzi: "#staisereno, no scissioni e rispetta i sindacati"
Pier Luigi Bersani

ROMA – “Matteo deve stare tranquillo” perché rischia di “incrinare qualcosa del progetto Pd”. E’ un Pier Luigi Bersani preoccupato quello che parla a Otto e mezzo, ospite di Lilli Gruber, su La7. Non usa le stesse parole (“stai sereno”) né lancia hashtag su Twitter ma il parallelo con quel cinguettio di Renzi alla vigilia della dimissioni di Enrico Letta viene spontaneo.

Nel giorno in cui si inasprisce lo scontro tra il partito a trazione renziana e la Cgil, l’ex segretario avverte il premier che i suoi toni ultimativi, la tendenza ad “accendere micce e farsi un nemico ogni giorno”, rischia di accrescere la tensione nelle piazze ma anche di distruggere il progetto di unire “grandi culture riformiste” che è iniziato con l’Ulivo e ha trovato compimento nel Pd.

Renzi, a detta di Bersani, ha commesso “errori piuttosto seri. Per esempio considerare un ferro vecchio il sindacato”.

“Il popolo che è andato in piazza con la Cgil – avverte – non è tutto il nostro popolo, perché un partito deve fare la sintesi, ma basicamente il popolo della piazza Cgil è parte del nostro popolo”

Da parte del premier e del governo

“c’è un modo troppo polemico della comunicazione, sopra le righe. Io non dico che bisogna essere pappa e ciccia con il sindacato ma bisogna rispettarli”.

E’ sbagliato “dire non trattiamo” con il sindacato mentre si parla “solo con i concessionari di autostrade”.

 “Non sono d’accordo con Camusso quando dice che Renzi è lì perché ci sono dietro i poteri forti: è un’accusa che fa pendant con quella che noi noi siamo eterodiretti dalla Cgil. Ma Camusso ha ragione quando obietta che il sindacato ha diritto di chiedere una trattativa al governo. Sono convinto che con gli industriali farmaceutici qualche trattativa l’hanno fatta, altrimenti non mi spiegherei certi provvedimenti…”.

Quanto alle tensioni interne al partito, Bersani ribadisce che non ci saranno scissioni. Non è la minoranza a volerla, ma è il segretario ad allargare il solco.

“Il Pd è casa mia, non posso proprio pensare” a una scissione. “Anzi, mi sembra singolare che ci sia un segretario che fa un appuntamento bello come la Leopolda ma senza un simbolo del Pd e nessuno gli chiede: ‘voi uscire dal Pd?’ Lo chiedono a me che non ho mai fatto un’iniziativa senza il simbolo del Pd”.

Bersani boccia la nascita di un nuovo soggetto politico di sinistra radicale guidato da Landini.

“In questo momento  non penso che la sinistra radicale sia un contenitore giusto. Io sono per una sinistra moderna e riformista, ho sempre dato una venatura liberale, questa deve essere la chiave giusta”.

La battaglia si combatterà nelle prossime settimane in Parlamento, tra legge di stabilità, Jobs act e riforme. La minoranza dem chiede spazi di dialogo ma intanto affila le sue armi.

Per Bersani la partita cruciale è sulla riforma del Lavoro. “Non posso neanche pensare che venga messa la fiducia…”, dice e spiega che la sua richiesta è ‘semplice’ e non esorbitante: modificare il Jobs act recependo per intero nella legge delega il documento della direzione Pd, senza rinviare ai decreti delegati.

Certo, secondo l’ex segretario, l’articolo 18 “non era neanche da tirare in campo” perché contiene un “principio di civiltà”. E sbaglia Renzi quando dice che lo Statuto dei lavoratori è stato approvato quando neanche esisteva l’iPhone. Perché allora si potrebbe anche dire che “il divieto di lavoro in miniera per i bambini è stato affermato quando non c’era l’energia elettrica e allora si può buttarlo via”.

Nel Pd si deve poter discutere “liberamente” come al Sinodo, anche sotto “Papa Renzi”, è la richiesta di Bersani. Perché altrimenti “rischia di incrinarsi qualcosa”.

 

 

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie