ROMA – Il lunedì prima del voto, nell’ultima settimana di campagna elettorale, Monti e Bersani non sono mai stati così lontani. ”Io non ho e non avrò niente in comune con questa coalizione di sinistra”. Non è la prima volta, nelle ultime settimane, che Monti respinge l’ipotesi di una coalizione, dopo il voto, tra progressisti e moderati. Insomma, un Monti-Bersani-Vendola. Solo poche settimane fa Bersani dava per quasi certa l’alleanza, logica e naturale destinazione dei centristi in un unico calderone con la sinistra per garantire governabilità. Ma anche quella volta, Monti fu esplicito: più che Bersani è Vendola il problema. E più ancora che Vendola è la Cgil e un certo modo di far politica della sinistra che mette la concertazione con le parti sociali e il dialogo davanti a tutto. Proprio quello che Monti considera un freno alle riforme, l’ha dimostrato ampiamente in un anno e mezzo di governo.
Monti e Bersani si stuzzicano, solo parole? Solo ultimi fuochi di campagna elettorale? Da più di un mese, da quando la rimonta di Berlusconi ha preso forma, tutti davano per sicuro che i due si sarebbero alleati, dopo il voto. In Italia e all’estero. Un po’ per amore, un po’ per forza, perché Bersani ci conta e perché i numeri, a naso, non daranno al Pd e al centro la forza per un governo autonomo. Fatto sta che questa certezza, la certezza del “Monti-Bersani-Vendola insieme dopo il voto” se non si è rovesciata ha però preso qualche ammaccatura. Vendola ha detto a chiare lettere: Monti, rispetto a noi, è una totale alterità. Monti dal canto suo continua a dire che un governo del genere non ci sarà né ora né mai. I due schieramenti hanno giocato ad allontanarsi a parole e a propaganda. Decideranno gli elettori i numeri, il peso e le rispettive proporzioni dei partiti. Solo allora si capirà se se sono tensioni o sceneggiate.
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