Pierluigi Bersani e Beppe Grillo sono i due grandi sconfitti della rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica, che invece ha rimesso in pista Berlusconi, grazie soprattutto agli errori di Bersani.
Se la sconfitta di Bersani e il ritorno di Berlusconi si sono sviluppati sotto gli occhi di tutti, in diretta internet, tv e sui giornali, quella di Beppe Grillo richiede un acuto osservatore per essere vivisezionata. Questo ha fatto Massimo Franco per il Corriere della Sera, in una “Nota” dal titolo: “Dopo un capo dello Stato condiviso le elezioni sono più lontane e Grillo subisce la prima sconfitta”.
Dei tre obiettivi che secondo Massimo Franco si dovevano raggiungere in questa fase, il primo, quello di
“eleggere un capo dello Stato condiviso da maggioranza e opposizione”
è stato raggiunto, proprio con l’elezione di Napolitano. Invece
“gli altri due [obiettivi: 1. arginare e fermare la spinta a elezioni anticipate; 2. formare un governo che rifletta la volontà di superare una fase di scontro durato troppo a lungo, con risultati negativi per l’Italia] sono da costruire, ma sembrano esistere le premesse perché questo avvenga”.
Nell’attesa, Massimo Franco passa all’esame della sconfitta di Beppe Grillo:
“L’ex comico e leader del Movimento 5 Stelle ha reso sterile la forza parlamentare ottenuta il 24 e 25 febbraio, chiudendosi in un isolamento tipico di un estremismo che sa distruggere, non costruire. Di fronte alla vittoria di Napolitano i suoi parlamentari sono rimasti seduti [e poi] si sono limitati a urlare e insultare, confermando di avere una visione singolare della democrazia”.
Intanto Beppe Grillo
“non ha trovato di meglio che organizzare un’irresponsabile «marcia su Roma» gridando al colpo di Stato; e aizzando la piazza contro la decisione presa dalle Camere in seduta comune, nella quale il suo candidato Stefano Rodotà ha preso 217 voti rispetto ai 738 del presidente della Repubblica appena rieletto. La pericolosità della reazione dell’ex comico è stata sottolineata proprio da Rodotà, il quale ha dichiarato di essere «contrario a ogni marcia su Roma»”.
Confermando i dubbi di chi lo vede come un attore che interpreta il copione scritto da altro autore, Beppe Grillo è stato poi trattenuto per la criniera e è stato costretto a una imbarazzante marcia indietro, ormai entrata nel gergo come la retromarcia su Roma e anche a rimangiarsi molte delle cose urlate in una imbarazzata conferenza stampa della domenica.
Ma, scrive Massimo Franco,
“la deriva di piazza che il Movimento 5 Stelle tenta di alimentare pone problemi seri. Dovrebbe indurre i partiti a prendere atto di avere commesso errori a ripetizione: a cominciare dalla decisione di mantenere una legge elettorale dagli effetti pericolosi, dopo avere parlato di riforma per un anno. E lascia ferite profonde in una sinistra che si è sgretolata, e promette di rompersi in più spezzoni:
1. “Il Sel di Nichi Vendola è già passato con Grillo, dopo essersi presentato alle urne col Pd: anche se critica le parole sul golpe.
2. “Un ministro del governo di Mario Monti, Fabrizio Barca, candidato a diventare segretario del Pd, si è dissociato dalla rielezione di Napolitano. Barca ha dichiarato a poche ore dal voto di ieri che bisognava puntare su Rodotà, in nome di una saldatura fra Pd, Sel e grillini”.
Dulcis in fundo:
“Chi invece esce rafforzato è Silvio Berlusconi, rimesso in gioco soprattutto dagli errori avversari. Il leader del centrodestra ha puntato dall’inizio su una candidatura trasversale, con la sponda di Scelta civica. E alla fine l’ha spuntata, chiedendo per primo a Napolitano di prendere in mano una crisi che si stava avvitando pericolosamente”.
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