ROMA – Un muro fatto di due no. Quello atteso, quasi scontato, di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle. E quello, arrivato a sera, di Angelino Alfano che a nome del Pdl sbatte in faccia la porta al Pd e al dialogo. Pier Luigi Bersani chiude la sua ultima giornata di consultazioni con un doppio no, con numeri che non ci sono e con una proposta di “governo di cambiamento” che sembra seriamente destinata a non vedere mai la luce.
Chiude con una frase che senza dire nulla fa capire molto: ”Andrò al Quirinale e valuterò insieme al Presidente della Repubblica. Non ho diktat da fare, come leggo, devo portare una valutazione conclusiva fatta di numeri e anche di valutazioni politiche e con il Capo dello Stato il dialogo è sempre bello, corretto e produttivo”. Tradotto Bersani andrà da Napolitano a dire che non ce l’ha fatta, che i numeri non ci sono e che la porta era troppo stretta.
Tutto frutto di una giornata iniziata male, con la consultazione in streaming col Movimento 5 Stelle. Consultazione reality il cui confine con la farsa è strettissimo. Come da attese non c’è Beppe Grillo. Ed è già un primo segnale: per trattare con Bersani non si scomoda neppure il portavoce. Ci sono le webcam e la platea di internet. Sembra trasparenza e certamente lo è. Ma è anche una diffida a Vito Crimi e Roberta Lombardi, a non trattare col “nemico”.
A Bersani gli M5S ripetono in modo pedissequo tutti i loro no. Compreso quello più importante, quello ad uscire dall’Aula. Perché se votare la fiducia era “impossibile” il leader del Pd ha almeno sperato di poterli convincere ad accomodarsi qualche minuto fuori dall’Aula di Palazzo Madama. Il tempo di votare la fiducia abbassando il quorum. Ma niente, M5S non si sposta di un millimetro neppure su questo. E, soprattutto, non fa nessuna proposta a Bersani: no è no e basta.
A quel punto a Bersani resta in teoria la strada dell’accordo col Pdl. Strada sgradita, difficile e politicamente punitiva. Il Pd perderebbe consensi, avrebbe un’azione di governo più che mutilata, dovrebbe trattare, e qui non si passa, anche sul prossimo inquilino del Quirinale. Qui è Bersani a dire di no. Al punto che, in serata, da Alfano arriva la certificazione della rottura: “‘La vicenda è chiusa e l’ha chiusa Bersani che ora si trova nel vicolo cieco in cui si e’ infilato. Sta a lui, ora, rovesciare la situazione, se vuole e se può, nell’interesse del Paese”.
In mezzo c’è lo scambio con Grillo. Scambio non proprio cordiale con Grillo che insulta dando a Bersani e ai partiti dei “puttanieri” (effetto Battiato?) e Bersani che replica sarcastico facendo gli “auguri ai salvatori della patria”. Quindi l’ultimo appello, rivolto sempre ai grillini: “Non sono io che mi rompo la testa, è l’Italia”. Appello destinato con tutta probabilità a rimanere inascoltato.
Per qualche ora, casomai, c’è lo spiraglio di una trattativa senza Bersani. Vito Crimi, infatti, rispondendo ad una serie di domande spiega: “Via Bersani, Napolitano faccia un altro nome e vediamo“. Sembra un’apertura ma Crimi ritratta (o precisa, a seconda dei punti di vista) dopo qualche minuto. La “colpa” è dei giornalisti che gli hanno fatto troppe domande tutte insieme e hanno estrapolato una frase. Crimi intendeva dire “incarico a noi”.
Prima, però, c’è da aspettare la notte e la salita al Colle di Bersani. Senza colpi di scena governo nuovo non ci sarà. Mario Monti se ne faccia una ragione. Proprio oggi ha spiegato di non vedere l’ora di passare la mano. Difficile dargli torto. Ma sembra che il momento ancora non sia arrivato.
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