Bisignani, storia di “Gigi il Federatore”. Alberto Statera su Repubblica

ROMA – Alberto Statera su Repubblica ha tracciato un ritratto magistrale di Luigi Bisignani, l’uomo d’affari arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P4. Statera conosce Bisignani da 30 anni, per cui può raccontare episodi in presa diretta. Il più “gustoso” è senz’altro quello che compare nella parte finale dell’articolo.

Statera parla della querela ricevuta proprio da Bisignani per aver scritto che lo stesso Bisignani avrebbe fatto parte della P2: “Ci ha chiamati in giudizio sostenendo che mai ha fatto parte della P2 di Licio Gelli. Ha dimenticato che più di trent’anni fa, quando omino svelto e scattante faceva il giornalista all’Ansa e uscì la lista della loggia gelliana col suo nome, ci invitò piangente in un caffè su uno dei colli di Roma per raccontarci quale grande errore avesse commesso ad affiliarsi al Venerabile dell’intrallazzo. Infatti, pur molti anni dopo, fu espulso dalla professione”.

Statera definisce Bisignani “Il Federatore”, una figura a suo modo di vedere più pertinente rispetto a quella di “faccendiere”. Secondo Statera infatti è “difficile catalogare tutti i luoghi nei quali il Federatore disponeva e forse ancora dispone di poteri ben superiori a quelli dei titolari ufficiali”.

Poi Statera comincia ad elencare tutti i “potenti” con cui Bisignani avrebbe avuto un rapporto privilegiato. Primo tra tutti, Gianni Letta: “in questi anni era l´unico a poter entrare nell´ufficiodel potente  sottosegretario, titolare certificato di tangenti fin dai tempi dei  fondi neri dell´Iri,senza neanche bussare”.

Sempre a Bisignani, prosegue Statera, si sarebbe rivolto Angelo Balducci, esponente di spicco della “cricca”: “Quando Angelo Balducci, luogotenente della Cricca degli appalti, vide avvicinarsi pericolosamente le inchieste della magistratura non fu Letta, suo mentore ufficiale, che cercò disperatamente al centralino di Palazzo Chigi, ma il dottor Bisignani”.

L’elenco di Statera continua: “Bastava per rintracciarlo chiamare l´amministratore delegato dell´Eni Paolo Scaroni, sua creatura preferita di cui sostenne con vigore la nomina, il suo attaché o la sua segretaria per rintracciarlo fuori dal suo ufficio da manager all’Ilte di Torino. Per un periodo, prima dell´epoca di Alessandro Sallusti, depositaria dei suoi spostamenti era la pasionaria berlusconiana Daniela Santanché. Altrimenti, funzionava sempre la batteria di potere di Cesare Geronzi, che creò scandalo con il suo sistema di “relazioni istituzionali” prima in via Filodrammatici, negli uffici che furono di Enrico Cuccia, poi a Trieste tra i manager di modi un ancora un po´ legnosi e austroungarici delle Generali”

Statera continua a far nomi di chi a Bisignani avrebbe dovuto comunque qualcosa: “Scattava e forse scatta tuttora sull´attenti l´ex segretario generale di palazzo Chigi ed ex direttore generale della Rai, Mauro Masi, ricompensato adesso dei goffi servigi resi con una poltroncina minore. S´inchinava e s´inchina, in attesa delle vere bufere giudiziarie ormai prossime, il capo della Finmeccanica Gianfranco Guarguaglini, con la sua signora e con il suo uomo di mano Lorenzo Borgogni. Si genuflette Guido Bertolaso, nonostante sia ancora convinto di meritare il premio Nobel per la sua opera a capo della Protezione Civile, che è costata ai contribuenti centinaia di milioni di euro finiti in appalti gonfiati, in palazzi di Propaganda Fide ceduti da cardinali compiacenti a ministri felloni in cambio di favori pagati con pubblico denaro, o in semplici tangenti, in natura o in denaro, come si usava – in misure relativamente meno appariscente nella deprecata prima Repubblica”.

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