Boeri: “Fatto fuori senza spiegazioni. A Milano partito in mano ai prefettini”

MILANO – L’ex assessore alla Cultura del comune di Milano Stefano Boeri, domenica 7 aprile è stato intervistato da Annachiara Sacchi del Corriere a proposito del suo licenziamento dalla giunta del comune guidato da Pisapia.

Boeri lamenta “silenzio preoccupante del sindaco” per la “mancanza di spiegazioni” sul suo addio imposto alla gunta di giuliano Pisapia. L’ex assessore spiega che il Pd di Milano è in mano ai “piccoli prefetti milanesi sembrano attenti solo alle logiche nazionali”. “Sto ancora aspettando le motivazioni politiche di quella scelta che non esistono. Sono piuttosto una miscela di tatticismi e idiosincrasie personali nei miei confronti” ha aggiunto boeri.

 

Dal Pd ha avuto risposte?

“Nessuna. Mi chiedo come si faccia a parlare di partecipazione quando a Milano il candidato che ha ricevuto oltre tredicimila preferenze viene messo da parte all’improvviso e senza dire nulla agli elettori”.

Cosa ha detto ai suoi sostenitori?

“Continuo ad avere contatti con loro e con i circoli del Pd. A differenza dei dirigenti locali, arroccati su se stessi”.

Continua a fare politica?

“Per ora sono concentrato sull’Assemblea parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo che si tiene a Marsiglia (oggi e domani all’interno della Villa Méditerranée progettata proprio da Boeri, ndr.), ma sono molto attento a quello che succede. A Milano e a Roma”.

A cosa in particolare? 

“Matteo Renzi rappresenta un fattore di innovazione e il suo ruolo può essere importante anche per Milano”.

Di Pier Luigi Bersani cosa pensa?

“La sua candidatura, piaccia o no, si è esaurita. Ma non ha senso rifare le primarie se prima non si ripensano ruolo e natura del Pd”.

In che modo?

“Credo che la strada migliore sia un congresso realmente aperto agli elettori che rigeneri il partito e metta al centro del dibattito idee e programmi”.

Nel frattempo?

“Si faccia un governo di scopo che disegni una nuova legge elettorale e ci porti alle elezioni con un sistema che garantisca la governabilità”.

Intesa Pd -Pdl? 

“Non è detto sia l’unica soluzione, la verità è che con i tatticismi di partito non si va da nessuna parte. Bisogna guardare, con la massima apertura, ad alleanze costruite a partire dai problemi del Paese”.

Torniamo a Milano. Tanti intellettuali — da Marina Abramovic a Maurizio Cattelan ad Amos Gitai — hanno scritto una lettera al sindaco Pisapia per dire no al suo licenziamento. Se lo aspettava?

“No. In ogni caso, mi auguro che il mio lavoro vada avanti senza di me, soprattutto in un momento così difficile per il bilancio milanese”.

Il suo licenziamento ha un costo?

“Certo, se penso agli sponsor che avevamo trovato, alle donazioni promesse, all’operazione “Pietà Rondanini” (con l’esposizione del capolavoro di Michelangelo nel carcere di San Vittore) e alla sua grande eco…”.

Andrà al Salone del Mobile anche se non è più assessore alla Cultura di Milano?

“Naturalmente, sono un architetto. Ma poi guardi, questo fatto di aver dato le deleghe di Moda e Design — che prima erano di mia competenza — all’assessorato al Lavoro proprio non lo capisco. Così si rischia di far diventare la cultura esclusivamente intrattenimento, dimenticandone le grandi capacità occupazionali e di indotto”.

Stato d’animo?

“Tranquillo e ancora molto stupito per quello che è successo”.

Ha pensato ai suoi errori? 

“Il più grande è stata l’ingenuità, non aver capito che si stava costruendo una decisione alle mie spalle. Dopo tre anni di impegno totale mi sono trovato, dalla sera alla mattina, fuori da una amministrazione a cui ho dato tutto. Ma da oggi si riparte. Con ancora più entusiasmo”.

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