Bossi spara su Draghi. Gioco delle parti con Berlusconi?

ROMA – “Quello invece di stare in Europa, è sempre a Roma”: quello è Mario Draghi. Il fucile puntato è quello di Umberto Bossi. Il leader della Lega è scontento, il fortino eretto intorno alle pensioni vacilla. “Non si toccano” si impuntava anche ieri il capogruppo alla Camera Reguzzoni, uno del “cerchio magico”, fedelissimo del Senatur. Deluso da Tremonti (“discorso fumoso”) Bossi punta l’indice contro l’ex governatore della Banca d’Italia, attualmente nella terra di mezzo tra il vecchio incarico e il nuovo, prestigioso, da presidente della Bce. E’ durato lo spazio di un mattino l’afflato europeista di Bossi, quando si era convinto, a sorpresa, che seguire le indicazioni di Bruxelles e Francoforte, avrebbe fatto il bene dell’Italia. Rapidissima è stata la retromarcia: “Draghi vuol far saltare il governo”.

Lo spunto è offerto dalla famosa lettera arrivata in Italia dall’istituto di Francoforte nella quale si chiedeva l’anticipo del pareggio di bilancio. La prova, secondo le opposizioni ma anche di autorevoli osservatori, del commissariamento, di fatto, del governo. La lettera, “confidenziale” l’ha definita Tremonti, conteneva non solo indicazioni di massima per rassicurare i mercati. Assomigliava a un vero e proprio programma di governo. Per Bossi quasi una provocazione. La certificazione formale dell’ingerenza nelle cose italiane dei poteri forti di cui Mario Draghi sarebbe espressione.

Bossi certe cose le ha sempre dette: l’ultima sortita non dovrebbe stupire più di tanto. Ma il contemporaneo feeling o “asse”, come lo chiamano i giornali, tra Berlusconi e Draghi, complica lo scenario, autorizzando qualche sospetto su un gioco delle parti tra la collaudatissima coppia premier-senatur. Da una parte Berlusconi fa una capatina a Palazzo Koch da Draghi per rassicurare l’Europa che i passi necessari saranno fatti, presto e bene. Dall’altra il “compare” spara sull’ex uomo di Goldman Sachs, come a indicare all’elettorato incredulo il colpevole di una manovra dove inevitabilmente si parlerà di nuove tasse, tagli alle pensioni, prelievi straordinari.

Che poi si chiamino “contributi di solidarietà” o con altri eufemismi improvvisati poco conta. E’ l’Europa che chiede di toccare gli stipendi dei dipendenti pubblici, di mettere all’asta l’argenteria di famiglia, di privatizzare tutto il privatizzabile. Sotterraneo, ma solo per la parte che compete al premier, è in atto uno scontro tra mondi culturalmente agli antipodi. C’è da mettere in sicurezza un Paese è vero: ma la vera posta in palio sono i bocconi pregiati che prima o poi verranno dismessi. Intanto il debito ha sforato quota mille e 9oo miliardi di euro. La partita tra burocrati senza legittimazione e unti dal Signore è solo all’inizio. Per vedere come finisce, follow the money.

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