I B2 al Colle per sbattere il pugno sul tavolo. Cronaca anticipata di un colloquio a tre

8 Maggio 2008: Giuramento del governo Berlusconi, Bossi stringe la mano a Napolitano

E’ stato cortese come nel suo stile Umberto Bossi nei confronti di Giorgio Napolitano: “Volete sapere se abbiamo un appuntamento al Colle? Bisogna vedere quando siamo liberi io e Berlusconi, c’è un giro di telefonate…”. Insomma, quando hanno tempo, lui e Berlusconi, lo chiamano. Così impara a far sapere che “ufficialmente nessuna richiesta di incontro gli è pervenuta fino a stamattina”. Lo chiameranno e andranno, quando saranno pronti e comodi e, soprattutto, decisi e convinti. Ma cosa andranno a dire Berlusconi e Bossi al presidente della Repubblica? Immaginiamo il colloquio, immaginazione pertinente e fedele, ancorata alle dichiarazioni e determinazione dell’ultimo vertice-cena tra Pdl e Lega.

“Buongiorno presidente, siamo venuti a dirle che ciò che Fini ha detto a Mirabello è per noi inaccettabile”.

“Prendo atto del vostro parere e giudizio, è una valutazione politica. Legittima ma, come sapete, il capo dello Stato non sposa e non scomunica valutazione politiche, tanto meno le vostre”.

“Dalla nostra valutazione politica noi deduciamo che Fini è parte ostile alla maggioranza”.

“Prendo atto del vostro giudizio ma ho preso anche atto che il gruppo parlamentare di Fini non ha dichiarato in nessuna sede di voler uscire dalla maggioranza”.

“Formalità, la sostanza è che se è parte ostile non può continuare a fare il presidente della Camera”.

“Il capo dello Stato, cioè io, non ha il potere di rimuovere un presidente di un ramo del Parlamento, lo sapete. Dunque perché venite qui a dirmelo?”.

“Perchè se non ci pensa lui, se non si dimette, ci pensiamo noi”.

“State forse annunciando un voto contrario della Camera al suo presidente? O altro, sui giornali ho letto di una sorta di Aventino, i deputati della Lega e del Pdl che abbandonano l’aula quando la presiede Fini, è solo chiacchiera giornalistica?”.

“Presidente, qualcosa dobbiamo fare, così non si va avanti, è un pantano nel quale non vogliamo stare”.

“Attenti a scelte traumatiche, comunque se lei presidente ritiene di non avere più la maggioranza in Parlamento ne prenda atto, sa in quel caso cosa fare”.

“Io non mi dimetto”.

“E allora, presidente, governi, continui, vada avanti”.

“Il capo del governo farà quel che riterrà opportuno ma io a nome della Lega lo dico chiaro a lei presidente: noi vogliamo le elezioni anticipate”.

“E io capo dello Stato farò in caso di governo quel che dice la Costituzione”.

“Sta dicendo presidente che si metterà di mezzo?”.

“Sto dicendo quel che ho detto, niente di più, niente di meno”.

“Presidente sappia che noi non abbiamo nessuna intenzione di governare con Fini dentro la maggioranza e seduto lassù a Montecitorio”.

“Ho capito e allora?”.

Già, e allora? Lasciamo la cronaca anticipata e semplificata del colloquio al Quirinale e vediamo cosa vogliono Berlusconi e Bossi. Berlusconi vuole un “incidente parlamentare”, insomma un fatto, un voto, un episodio nei quali sia Fini a provocare la crisi di governo e quindi le elezioni anticipate. Fini però questo incidente, episodio e voto contrario lo eviterà fino a che può e può a lungo. Allora Berlusconi e Bossi hanno pensato ad altro “trauma”, le dimissioni forzate di Fini da presidente della Camera. Può essere la miccia per elezioni anticipate. Non è dato sapere quanto Berlusconi e Bossi abbiano valutato che in questo caso si consegna a Fini il ruolo della vittima più che del killer, certo è che, se gli si bruciano i tempi e si vota subito, Fini che fa, con chi va alle elezioni? Lo si ammazza in culla lui e il suo partito. Obiettivo che affascina Berlusconi. Però chi le vince le elezioni?

Bossi pensa di vincerle lui e non ne fa mistero: Lega e Pdl coalizzati fanno alle quotazioni attuali del mercato elettorale quasi 45 per cento o poco meno. Basta e avanza per il premio di maggioranza in seggi alla Camera, dove la legge elettorale assegna infatti il 55 per cento dei deputati alla coalizione che prende più voti. Quegli altri, anche se si mettono tutti insieme, è un miracolo se fanno 40 per cento. Forse non basta per il Senato, soprattutto se c’è qualcuno al centro, una terza forza che prende sopra il 10 per cento e quindi un bel po’ di senatori. Ma Bossi sa che il quasi 45 per cento di domani è diverso, è fatto diversamente da quello raccolto da Pdl e Lega nel 2008. Allora fu Lega quasi un quarto del Pdl, domani sarebbe Pdl intorno al 30 per cento e Lega tra il 10 e il 15 per cento. Per Bossi il rischio delle elezioni è il rischio di vincere comunque: se vince Berlusconi lui vince con Berlusconi, altrimenti vince in prima persona. E anche nel dannato caso fosse “pareggio” elettorale, chi paga il mezzo risultato è Berlusconi e non la Lega. Tutto questo Napolitano lo sa, anche se Bossi e Berlusconi non glielo diranno direttamente. Loro salgono al Colle per sbattere il pugno sul tavolo ma rischiano di ridiscenderlo il Colle sbattendo il pugno sul muro.

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