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I giornali tolgono a Bossi l’alibi della malattia

di Alessandro Avico |6 Marzo 2012 11:11

Lapresse

ROMA – “Monti rischia la vita, il Nord lo farà fuori”. Su queste parole del leader della Lega Umberto Bossi, come largamente prevedibile, si è scatenato un putiferio. Chi invoca l’intervento della magistratura, chi invita Bossi a scusarsi pubblicamente. Sui giornali, tra commenti al veleno e ricordi di pernacchie, diti medi e gesti dell’ombrello, tutti si esprimono sulle “minacce” di Bossi a Monti, lasciando da parte l’alibi della malattia che fino ad ora aveva stoppato certi commenti dopo le consuete sparate dello stesso Bossi.

Pierluigi Battista sul Corriere della Sera parla di “parole rischiose e violenza inaudita”. Scrive Battista: Associa la parola «morte» al nome di un avversario politico. Chi propone un accostamento così estremo è un piromane politico che delegittima la stessa Lega di cui è capo sempre meno indiscusso, per fortuna dell’Italia. È vero, oramai il linguaggio politico di Bossi era diventato un concerto di pernacchie, insulti, gestacci. Il passaggio all’opposizione ha poi sprigionato tutto l’oltranzismo compresso negli anni del governo, ha sgretolato i freni inibitori. Le stesse condizioni fisiche di Bossi, reduce da una drammatica e commovente lotta per la sopravvivenza che ebbe il suo culmine nel 2004, avevano creato attorno al lessico bossiano una cortina di indulgenza, di umana comprensione per chi aveva sofferto ma era riuscito a prendere nelle sue mani la vita e la direzione politica di un movimento importante nella vita del nostro Paese. Ma l’indulgenza eccessiva ha come dato il via libera a un’escalation di aggressività verbale che ieri ha raggiunto il suo apice con le oblique minacce di morte a Mario Monti.

Michele Brambilla su La Stampa parla invece di “salto di qualità del delirio”: Sono molti anni che a Bossi e ai suoi discepoli viene concessa un’ampia licenza verbale e non solo verbale. Pernacchie, dito medio, gesto dell’ombrello; annunci di pallottole contro i Bingo Bongo, di valligiani pronti a imbracciare il mitra, di autobus separati per gli immigrati e di carta igienica tricolore. Ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, al punto che al cospetto dell’oratoria padana anche gli scontri tra berlusconiani e antiberlusconiani sembravano pagine di bon ton. S’è sempre lasciato fare, e c’era perfino chi sorrideva.

Tanta tolleranza per due motivi. Il primo è perché – va riconosciuto – i militanti leghisti hanno dato sempre l’impressione di essere personaggi folcloristici, ma mai pericolosi; finora, insomma, nessuna camicia verde ha mai provato a tradurre in opere il verbo del capo. Il secondo motivo è che, specie negli ultimi tempi, Bossi ha goduto di una certa umana pietà per le sue condizioni di salute. In ogni caso, comunque, siamo abituati a reagire dicendo che con quella bocca può ruttare ciò che vuole.

Sul Sole 24 Ore si invoca appunto l’intervento della magistratura per il “senatur”: Non è mai auspicabile l’intervento nella magistratura sulle opinioni espresse dai parlamentari, tanto meno se questi sono i leader riconosciuti di partiti con milioni di simpatizzanti. Perciò c’è da augurarsi che Umberto Bossi rettifichi in modo netto e definitivo – non basta l’imbarazzato tentativo di minimizzare di ieri notte – le frasi pronunciate sul premier e il Nord che «lo farà fuori». Non è la prima volta che dai leader leghisti arrivano intemperanze verbali al di là dei limiti della polemica politica. Con quell’assurda frase di ieri Bossi è andato anche oltre. Troppo oltre. Le ragioni dello scontro politico, l’esigenza di alzare i toni in vista della prossima tornata elettorale, la voglia di ribadire la propria leadership messa a rischio all’interno della Lega, non possono mai giustificare artifici verbali che sconfinano nelle minacce e, probabilmente, nell’illegalità. L’elettore leghista è persona pratica. Ai propri rappresentanti chiede cose concrete: autonomia, servizi, meno burocrazia. Non gli interessa la “fuffa”, il fuoco che si esaurisce nell’invenzione verbale. Bossi per vent’anni ha fiutato e rappresentato umori e domande di quel mondo. È ancora nelle condizioni di farlo?

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