Aldo Brancher si è dimesso. Lo ha annunciato lo stesso ministro nella mattinata di lunedì 5 giugno. Brancher si è presentato in Tribunale a Milano dove è imputato per appropriazione indebita nell’ambito della scalata alla banca Antonveneta, un filone dell’inchiesta in cui è coinvolto il banchiere Gianpiero Fiorani.
Il ministro ha anche annunciato la rinuncia ad avvalersi del legittimo impedimento. Si chiude, quindi, dopo appena 17 giorni dall’annuncio dell’incarico come ministro per la Sussidiarietà e il Decentramento, il percorso di Brancher nel Governo Berlusconi. Il presidente del Consiglio, poco dopo l’annuncio affida ad una nota il suo commento: “Ho condiviso con Aldo Brancher la decisione di dimettersi da ministro. Conosco e apprezzo ormai da molti anni Brancher e so con quanta passione e capacità avrebbe potuto ricoprire il ruolo che gli era stato affidato. La volontà di evitare il trascinarsi di polemiche ingiuste e strumentali dimostra ancora una volta la sua volontà di operare esclusivamente per il bene del Paese e non già per interessi personali”. “Sono certo – aggiunge il premier – che superato questo momento Brancher potrà, come sempre, offrire il suo fattivo contributo all’operato del Governo e alla coalizione”.
Brancher nel comunicare di aver rinunciato al legittimo impedimento ha spiegato: “Pensavo di dover privilegiare per un breve periodo gli obblighi verso il mio Paese ma siccome questa scelta è stata indebitamente strumentalizzata ho fatto diverse scelte: prima di tutto nel rispetto della mia famiglia e poi anche perché finiscano le strumentalizzazioni e speculazioni”.
Brancher è stato da subito al centro delle polemiche: dopo la nomina, infatti, il ministro attraverso i suoi legali, aveva chiesto di avvalersi del legittimo impedimento nel processo che lo vede imputato a Milano insieme alla moglie. La decisione, però, aveva suscitato la reazione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, in una nota, aveva sottolineato l’inopportunità del comportamento.
Il caso Brancher ha creato più di qualche frizione all’interno della maggioranza. Per giovedì 8 luglio, infatti, si sarebbe dovuta discutere in Parlamento una mozione di sfiducia individuale proprio ai danni di Brancher. Gianfranco Fini e i suoi, avevano chiesto che il ministro si facesse da parte prima di arrivare al voto. Anche Umberto Bossi aveva digerito male la nomina di un altro ministro in un tema, il Federalismo, particolarmente caro alla Lega.
Brancher, oltre ad anticipare le dimissioni, si è detto innocente ed ha chiesto di venire giudicato con il rito abbreviato. Il processo continuerà a porte chiuse ed i giornalisti, dopo l’annuncio, sono stati invitati a lasciare l’aula.
Esultano le opposizioni. Per Dario Franceschini ”Le dimissioni del ministro Brancher sono una vittoria del Pd e dell’opposizione e dimostrano che quando l’opposizione prende una iniziativa politica al di la’ dei numeri e dei rapporti di forza in parlamento, puo’ ottenere dei risultati importanti”. ”Penso, per come sono messe le cose, che questa volta – rileva l’esponente del Pd – Berlusconi non possa ripetere la sceneggiata delle dimissioni respinte: il voto di giovedi’ fa troppa paura”.
Soddisfatto anche il finiano Italo Bocchino: “Chapeau a Brancher. Con le sue dimissioni e la rinuncia al legittimo impedimento il ministro ha sgombrato il campo dagli equivoci e favorito la soluzione di uno dei problemi piu’ spinosi interni al Pdl”. ”Ci fa piacere aver avuto ragione – spiega Bocchino – difendendo in maniera pignola il principio di legalita’ che non puo’ essere offuscato dal sospetto di una nomina vera a sottrarre l’imputato dal suo giudice naturale. Il primo atto del ‘ghe pensi mi’ berlusconiano va incontro alle nostre richieste e siamo fiduciosi che lo stesso accadra’ su intercettazioni, manovra e vita interna del Pdl”.