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Il vero bunga-bunga l’hanno fatto alla Questura. Berlusconi rivendica il suo “stile di vita”

di Mino Fuccillo |29 Ottobre 2010 15:09

Il vero, autentico, sicuro, provato, ammesso e confesso bunga-bunga è stato fatto alla Questura di Milano. Anche esistesse solo nelle barzellette, anche fosse solo un “simpatico” modo di dire, anche se mai e poi mai nessuno ha giocato a questo gioco a casa Berlusconi, il bunga-bunga è appunto gioco di sottomissione. Uno chiama, l’altro si inchina, non necessariamente guardando negli occhi il “chiamante”, cioè chi conduce il gioco. Attenti alle frasi, quelle ufficiali, pronunciate a mente diciamo fredda dai protagonisti. Frasi pensate, frasi volute, frasi del giorno dopo. Bastano, non occorre altro. Come dice Berlusconi, non c’è bisogno di “contraddittorio”, non c’è niente da domandare, il premier dice tutto e, stavolta, nonostante le apparenze, non il contrario di tutto.

Dice Berlusconi, le tv e le radio hanno trasmesso suoni e immagini relative, chiunque ha potuto vedere e sentire: “Ho fatto solo una telefonata per trovare qualcuno che potesse rendersi disponibile all’affidamento per una persona che ci aveva fatto a tutti molta pena e ci aveva raccontato una storia drammatica a cui noi avevamo dato credito”. Chiaro, netto, esaustivo: il capo del governo italiano “ha fatto una telefonata”. Una telefonata per aiutare una ragazza che stava in Questura accusata di furto. Una ragazza che Berlusconi e i suoi conoscevano, una ragazza con cui c’erano stati incontri. Infatti “ci aveva fatto a tutti molta pena, ci aveva raccontato…”. Dunque la ragazza-immagine, quella scappata di casa, quella che arrangiava la vita esibendosi nelle discoteche ha avuto modo di “raccontare” e “far pena” a Berlusconi e ai suoi amici. A casa Berlusconi dove era stata accolta, dove poteva entrare e infatti ci era entrata.

Dubbi o critiche sulla circostanza ripetuta, sull’abitudine a far entrare a casa ragazze modello Ruby, “Rubacuori” per gli amici? Berlusconi dice, detta, anzi rivendica la verità più vera: “Nessuno può farmi cambiare stile di vita”. Nel “cerchio” delle conoscenze e frequentazioni del premier si entra anche per qualità e meriti come quelle di Ruby, lo attesta il premier dicendo al paese che l’hanno ascoltata e quindi “aiutata”. Infatti una volta entrati nel “cerchio”, si acquisisce una sorta di diritto alla protezione. Dice il premier: “Ho mandato la Minetti per evitarle il carcere”. La Minetti, cioè una del “cerchio” oltre che eletta al consiglio regionale lombardo per il Pdl. La Minetti e la telefonata. Dice il premier: “Non ho fatto pressioni, tutte balle”. E aveva detto la Questura: “Sì, da Roma hanno chiamato ma non ci sono stati favoritismi”. Non c’è bisogno di un contraddittorio per immaginare l’indifferenza in una Questura italiana quando arriva una telefonata del capo del governo. L’avranno accolta distrattamente, con un misto di noia e fastidio e subito si saranno detti: ha chiamato Berlusconi per quella ragazza? E allora? Chi se ne frega. E avranno ovviamente fatto finta di nulla sbuffando un po’ per quel premier che li disturbava a tarda notte e mandava una sua emissaria alla porta per farsi consegnare la ragazza.

Dubbi o critiche sulla sincerità del premier? Impossibili dopo le sue nette dichiarazioni. Dice infatti Berlusconi: “Sono una persona giocosa, amo la vita, amo le donne, la mattina mi guardo allo specchio sereno”. Non c’è un grammo di bugia in questa frase: guardandosi allo specchio Berlusconi si sente in regola e in diritto. Di telefonare in Questura per aiutare una che era stata accolta nel “cerchio”. Dice ancora: “Non ho fatto nulla di cui vergognarmi, sono tranquillo”. E’ assolutamente vero che non prova vergogna, per lui mandare le Minetti e telefonare al Questore è “buon cuore” e non bunga-bunga alle forze dell’ordine.

Attenzioni alle frasi. Dice Berlusconi: “In casa mia entrano solo persone per bene”. Dice Emilio Fede: “Mi dà fastidio essere accostato a Lele Mora, lui gestisce donne e non solo donne”. Lele Mora entra regolarmente a casa Berlusconi. Non c’è nulla da scoprire, basta ascoltarli quando parlano. Non c’è nulla da chiedere, nulla da scovare sotto le loro lenzuola. Le loro lenzuola e quello che ci finisce sotto le espongono con orgoglio alla finestra, metaforicamente ma non tanto dal balcone della casa. Lenzuola che mostrano la traccia della “vitalità” e della solidarietà di “cerchio”. Non importa sapere se Ruby è stata o no omaggiata, anzi aiutata con soldi o altro. Mettiamo non abbia incassato nulla dai suoi amici di serata ad Arcore. Mettiamo sia tutto inventato: la discoteca privata con i pali della lap dance, il trono, la piscina…E perfino il bunga-bunga dopo cena, mettiamoci tutti, rimettiamoci tutti alla frase e alla condizione di Emilio Fede: “Io vado via presto, non resto lì fino a tardi”. Non restiamo, nemmeno cerchiamo di restare lì fino a tardi, affari loro. Loro che quando una di loro, sia pure una di loro avventizia e marginale, finisce in Questura, allora d’istinto e cultura organizzano un bunga-bunga sulla medesima Questura.

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