Calderoli: “Almeno 30 anni per attuare il federalismo”

Umberto Bossi e Roberto Calderoli (Lapresse)

ROMA, 26 LUG – Il Federalismo è un ”processo” e non una legge come le altre che entra in vigore puntualmente, e per attuarlo completamente si deve pensare a ”una prospettiva trentennale”. Lo ha sottolineato il ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli, durante una audizione alla commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale.

Calderoli ha difeso la Manovra dalle critiche di Regioni ed Enti Locali che nelle scorse settimane hanno affermato che essa vanifica il federalismo, critica fatta propria anche dalle opposizioni.

Calderoli ha inizialmente riportato le critiche alla manovra da parte di Regioni e Anci, salvo poi confutarle. ”Il federalismo fiscale – ha osservato – è un intervento strutturale, la manovra è invece congiunturale seppur interviene su un obiettivo politico decisivo, e cioè il pareggio di bilancio” entro il 2014.

Secondo il ministro non c’è contrasto tra gli obiettivi e quindi tra la manovra e il federalismo: ”Senza pareggio di bilancio non c’e’ federalismo, ma non c’è nemmeno Stato centrale; il pareggio di Bilancio non fa saltare il federalismo, ma lo rende possibile”. Insomma nonostante i tagli a Regioni ed Enti Locali ”il federalismo fiscale non può essere ridotto alla manovra”, perché ”è una riforma strutturale che ha come obiettivo quello di raddrizzare l’albero storto”, vale a dire quello della spesa storica che è ”un meccanismo distorsivo, perché premia chi spendeva tanto”.

”Il federalismo fiscale – ha proseguito Calderoli – non può esaurirsi nemmeno nell’attuazione delle deleghe” previste dalla legge 42, quella istitutiva del federalismo fiscale stesso. Si tratta di “un processo potenzialmente destinato a proseguire, e la prospettiva non è triennale, come quella della manovra, ma è una prospettiva trentennale”. Insomma si tratta ”di un processo di lunga durata avviato dalla legge 42”.

Un po’ come è avvenuto in Spagna o in Germania dove la legislazione in materia è proseguita nel corso degli anni, quando si è fatto carico sia allo Stato centrale che alle Regioni e ai Laender degli obiettivi di Finanza pubblica. Questi ultimi poi – ha aggiunto Calderoli – non ce li chiede Bruxelles, ma Londra, Wall Street e i mercati asiatici”.

Calderoli ha poi replicato nel merito alle critiche, sottolineando che per la manovra mentre lo Stato centrale deve correggere i propri conti sin dal 2011, per Regioni e Comuni la correzione scatta solo dal 2013. Addirittura per il Trasporto pubblico locale le regioni per l’anno in corso hanno ricevuto alcuni milioni in aggiunta. Inoltre la manovra incide per il 48,5% della correzione sulle amministrazioni centrali per una spesa primaria di 25 milioni, mentre incide per il 37% sulle Regioni per una spesa primaria di 20,22 miliardi, e, infine, incide per il 13,7% sugli Enti Locali per una spesa primaria di 10,2% miliardi.

Inoltre c’è da tener conto di un altro elemento della manovra, ha sottolineato il ministro, e cioè della modifica del patto di stabilità interna; esso ha come ”primo criterio di definizione la convergenza tra spesa storica e costi standard” che va quindi in direzione del federalismo, e in più farà sì che ”i comuni virtuosi potranno avere risorse aggiuntive già nel 2012”.

Il ragionamento di Calderoli è stato contestato dal capogruppo del Pd in bicamerale, Luigi Vitali. La legge 42, ha ricordato, prevedeva l’attivazione di un Coordinamento tra Stato, Regioni ed Autonomie Locali sugli obiettivi di Finanza pubblica. La mancata attivazione di questo meccanismo è una palese violazione della legge 42. E proprio perché si sapeva che c’era bisogno di una manovra di questa entità non andava sospesa la legge sul federalismo”.

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