Il 25 aprile si avvicina ma da Bolzano a Salerno la pubblica amministrazione della Penisola è percorsa da un fremito revisionista. A Salerno, il presidente della Provincia Edmondo Cirielli ha deciso che i partigiani con la libertà non c’entrano nulla e quindi ha fatto stampare dei manifesti con la “sua” versione della storia. A Bolzano, invece, c’è chi come il vicesindaco Oswald Ellecosta la Liberazione non la vorrebbe festeggiare affatto perché la sua personale data dell’evento non coincide con quella scritta su tutti i libri di storia italiana.
A Salerno, va in scena la Liberazione senza i liberatori. L’idea di Cirielli, definita dall’opposizione una “provocazione da guascone”, è stata quella di far stampare e affiggere per tutto il territorio Salernitano una serie di manifesti, corredati dal logo della provincia, in cui non c’è nessun riferimento alle lotte partigiane per la liberazione. C’è invece, solo un sentito grazie all’esercito americano “per l’intervento nella nostra terra che ha sancito un’alleanza che ha garantito un luogo periodo di pace e di progresso economico e sociale senza precedenti e che ha salvato l’Italia, come l’Europa, dalla dittatura comunista”.
L’omissis, come spiega lo stesso Cirielli, è tutto tranne che una dimenticanza. Il problema, per il presidente della Provincia, è che una parte dei partigiani erano comunisti e quindi portatori di “una certa cultura antidemocratica per anni a servizio, a volte anche a pagamento, della Russia comunista”. La Resistenza, incalza Cirielli, “era un movimento composito che intruppava anche persone che non combattevano per la libertà e per la democrazia, ma per instaurare una dittatura comunista in Italia. Se ci avesse liberato l’Armata Rossa, anziché gli americani, per 50 anni non saremmo stati un paese libero”.
Il ruolo dei partigiani, nel revisionismo del presidente Salernitano, è tutto sommato marginale: “Senza l’intervento e il consequenziale sacrificio di centinaia di migliaia di giovani americani, l’Italia non sarebbe stata liberata e la coalizione non avrebbe sconfitto la Germania nazista”.
Cirielli, in ogni caso, rifiuta l’etichetta di revisionista e parla di polemiche “costruite ad arte”. E spiega: che “la presa di distanza dalle conseguenze nefaste, per la democrazia, dell’esperienza fascista è inequivocabilmente scritta nel testo. Il riconoscimento dell’impegno, del ruolo svolto dagli italiani che hanno sacrificato la loro vita a fianco degli alleati per la conquista della libertà è ugualmente presente in maniera centrale come fondativo della nostra nuova Italia”.
A Bolzano, semplicemente, c’è chi vorrebbe che la Liberazione non si festeggiasse affatto. Con buona pace di tutti i libri di storia, infatti, il vicesindaco di Bolzano Oswald Ellecosta (Svp), è convinto che il 25 aprile non sia una data da ricordare perchè “per i sudtirolesi di allora la Liberazione non è avvenuta il 25 aprile, ma l’8 settembre del 1943: tanto che quando sono arrivati i tedeschi, sono stati accolti con mazzi di fiori”.
Ellecosta, che non si ricandida alle elezioni comunali del 16 maggio, ha ribadito che “i nazisti sono stati dei criminali, ma dal settembre 1943 in Alto Adige è tornata la cultura tedesca perseguitata dai fascisti”.