Canapa shop, il direttore di BeLeaf e la crociata di Salvini: “Ma quale lotta alla droga, chiuderli favorisce la criminalità”

di Lorenzo Briotti
Pubblicato il 11 Maggio 2019 - 05:52 OLTRE 6 MESI FA
canapa legale

Canapa shop, Stefano Cagelli (BeLeaf) e la crociata di Salvini: “Ma quale lotta alla droga, chiuderli favorisce la criminalità” (foto Ansa)

ROMA – Durante un comizio a Pesaro, Matteo Salvini ha detto di voler cominciare “una guerra via per via, negozio per negozio, quartiere per quartiere, città per città” alla droga. Nella nuova crociata lanciata dal ministro dell’Interno sono stati inseriti anche i negozi che, in tutta Italia, vendono la canapa light.

Salvini ha detto di volerli chiudere, poi è arrivata una direttiva che non prevede chiusure generalizzate, ma soltanto un sollecito indirizzato alle questure in cui viene chiesto di monitorare i requisti delle rivendite, verificando che non siano messe in vendita le “infiorescenze” in “quantità significative da un punto di vista psicotropo e stupefacente”.

Quanto detto da Salvini rischia di mandare in crisi un intero settore che si occupa della coltivazione e vendita di canapa non a scopi ricreativi (cosa che in Italia non è consentito dalla legge). Di questo tema ne abbiamo parlato con Stefano Cagelli, direttore responsabile di BeLeaf, progetto editoriale indipendente che pubblica un trimestrale cartaceo che si occupa, nello specifico, proprio di canapa. 

Come è nato il progetto BeLeaf? 

“BeLeaf è una delle riviste di settore che si occupano di cultura della canapa in Italia. BeLeaf racchiude al suo interno il concetto di green e affronta il tema con un approccio scientifico. L’idea è nata con l’intento di informare il più possibile le persone su tematiche così importanti e diffondere la cultura della ricchezza di questa pianta e degli stili di vita sostenibili ed ecologici. La risposta che abbiamo incontrato da parte del pubblico e delle aziende sia italiane che estere è stata ottima”.

Partiamo con ordine: tutto comincia con la legge 242 del 2016.

“Si esatto. Questa legge nasce nella scorsa legislatura con lo scopo di favorire e rilanciare la filiera della canapa. Fino agli anni Trenta, l’Italia era il secondo produttore al mondo di canapa dopo l’Unione Sovietica. Purtroppo, ad un certo punto la canapa è stata associata alle restrizioni ideologiche legate alla marijuana ed il settore è stato penalizzato. Purtroppo perché il settore ha potenzialità molto ampie, anche se se ne parla spesso solo per il suo uso prettamente ludico. In realtà la canapa ha proprietà ambientali molto buone. Pulisce i terreni e non ha bisogno di pesticidi per la sua coltivazione. Ha anche delle proprietà eccezionali nel tessile che la rendono in grado di resistere per secoli. Esistono musei che ti fanno toccare con mano capi di canapa prodotti nell’800: sono ancora perfettamente conservati.

La canapa poi può essere usata per produrre della plastica completamente biodegradabile e nella bioedilizia. Con la canapa viene prodotta una calce resistente ed isolante che è in grado di fornire un apporto energetico che permette di ridurre il riscaldamento in inverno e di accendere i condizionatori d’estate. Per non parlare del biodiesel. La canapa produce emissioni prossime allo zero. Poi c’è un utilizzo alimentare e nella cosmetica. Ecco: la legge del 2016 nasce con questo intento. Ed ha favorito e fatto progredire aziende magari in crisi che si sono riconvertite. Salvini invece di demonizzarle dovrebbe venire a farsi un giro per le Fiere che ci sono in tutta Italia, scoprirebbe un mondo molto interessante”.

Quindi si tratta di canapa non a scopo ricreativo. E’ bene ribadirlo perché magari si fa confusione. 

La legge 242 affronta il discorso coltivazioni imponendo un livello di THC (il principio attivo naturalmente presente in dosi maggiori nella marijuana ndr) di 0,2% con una soglia di tolleranza pari a 0,6%”.

La commercializzazione della canapa. Come sono nati i vari negozi sparsi ormai in tutta Italia? 

“Il problema della commercializzazione è la zona grigia di questa legge. Esiste un vuoto normativo colmato da varie direttive ministeriali che hanno, ad esempio, abbassato la soglia di THC a 0,5%. Su questo tema siamo in attesa della sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che il prossimo 31 maggio dovrà fornire un’interpretazione definitiva sulla vendita, soprattutto per quanto riguarda le infiorescenze. Attualmente in questi negozi vengono venduti cosmetici, olii, prodotti alimentari e infiorescenze a scopo solo floro-vivaistico.

C’è chi pensa che questa vendita possa essere il primo passo verso la fine proibizionismo e c’è invece chi crede che serva a confondere le acque. Di fatto noi stiamo parlando soltanto di canapa light mentre nel mondo si sta regolarizzando la canapa in senso lato, sia a scopo ludico, sia a scopo terapeutico. Negli Usa, anche Trump sta cambiando opinione. Il paradosso è questo: mentre nel mondo legalizzano la canapa – anche l’Oms ha chiesto di depenalizzarla – da noi invece Salvini dice di voler punire gli spacciatori, venditori di morte, ma sbaglia bersaglio. E con questo approccio politico che non fa distinzioni tra eroina, cocaina e droghe sintetiche favorisce le mafie a cui questa legge ha tolto l’11 per cento di mercato.

Per farti capire cosa accade nel mondo, ti cito l’esempio del Colorado. Secondo uno studio della Sorbona, da quanto nel 2014 questo Stato americano, il primo, ha legalizzato la cannabis il mercato nero è crollato del 75%. Il Colorado ha 5 milioni di abitanti: questo mercato ha creato un giro d’affari da 3,5 miliardi di dollari con 30mila posti di lavoro. In Italia, la legalizzazione significherebbe creare un giro da affari che equivale a diverse Finanziarie: significherebbe svuotare carceri e Tribunali, intasati per anni per reati legati a spaccio e detenzione di marijuana e farebbe risparmiare tantissimi soldi, investendo in prevenzione e spostando risorse dove davvero servono. In Italia si finisce dentro anche per 20 grammi, in Canada fino a 30 grammi è permesso per scopi personali. Poi possiamo discutere se sia giusto il monopolio o l’autocoltivazione. 

C’è poi chi dice che dal fumo si passa alla siringa. Nei pochi casi in cui questo avviene a spingere il consumatore verso droghe pesanti magari è lo spacciatore. Tutto questo nel negozio non avviene. Quando vai in un negozio le sostanze sono tutte controllate e scandagliate, una certezza anche per la salute del consumatore.

In queste ore cosa è accaduto nelle Marche? Perché alcuni negozi sono stati chiusi? 

“Perché non c’è un’interpretazione chiara della legge in materia di commercializzazione. Un conto è chiudere un negozio, anche momentaneamente, per eseguire dei controlli, altra cosa è mettere i sigilli ad un esercizio che svolge il suo lavoro nel pieno rispetto della legge. Invece che creare altre ambiguità, la politica dovrebbe provare a regolamentare davvero”.

Secondo te l’opinione pubblica italiana è più matura di quello che pensa Salvini? 

“Io credo di sì, ma è difficile fare previsioni. Ovviamente il clima politico alimenta confusione ed incertezze. Il Movimento 5 Stelle si è sempre professato favorevole alla legalizzazione e forse in un momento di battaglia politica così aspra, Salvini ha voluto mandare un messaggio ai suoi alleati di governo. Così facendo però rischia di mandare all’aria un intero settore, che dà lavoro a migliaia di giovani in Italia. Bisogna capire cosa accadrà il 31 maggio. Una cosa è certa, la legge esiste e se la si vuole cambiare occorre andare in Parlamento a cercare i voti. Può piacere o meno, ma a legiferare, in Italia, è ancora il Parlamento, non i singoli ministri”.