La rissa Carfagna – Mussolini, regista Bocchino, un burlesque che lacera Berlusconi su una torta di immondizia da 150 milioni di euro

Pubblicato il 20 Novembre 2010 - 12:35 OLTRE 6 MESI FA

I giornali, oltre la cronaca fumettistica, portano però anche due considerazioni più serie. La prima è che Berlusconi ha gestito la crisi Carfagna in diretta Nato, sotto gli occhi imbarazzati e un po’ disgustati di capi di governo magari meno carismatici ma di certo più presentabili all’estero; la seconda è che ancora una volta si è confermato il carattere feudale del partito che fa capo a Berlusconi, col sovrano unito da legami personali e diretti con i suoi tanti vassalli. Come ha scritto Marco Galluzzo sul Corriere della Sera “ancora una volta Berlusconi è [stato] costretto a occuparsi di qualcosa che avrebbe voluto invece ampiamente delegare, e che il suo partito, il Pdl, non riesce a gestire, almeno senza combinare dei pasticci, senza il suo intervento diretto”.

Probabilmente, più ancora che la scena da burlesque con la Mussolini, è stata la furibonda litigata con Ignazio La Russa all’ultimo consiglio dei ministri quella che ha avviato la crisi. La Carfagna sembra avere sposato la tesi dell’assegnazione ai sindaci (che  a Napoli e Salerno sono del Pd) delle competenze sui termovalorizzatori, mentre il ministro della Difesa sostiene che a occuparsene debbano essere i presidenti di provincia (tutti del Pdl). E così La Russa, in pieno consiglio dei ministri, davanti a tutti i colleghi, le ha detto: “Altro che problema procedurale, il tuo in Campania è un problema personale…”.

Nell’attuale clima da Salò, dove si finiva al muro per molto meno, ce ne è obiettivamente abbastanza e infatti ormai il clima di risentimento e di sospetti è tale che sarà difficile per Berlusconi venirne a capo. Con lui, in Portogallo, c’è La Russa, schierato al suo fianco e in totale odio, probabilmente fin dai tempi in cui sfilavano col passo romano ai raduni del Fuan, verso i traditori Fini, Bocchino & C. E La Russa, nel suo ruolo di coordinatore, ha tutte le ragioni dalla sua e probabilmente in queste ore, col clima di sospetti che tutto avvelena, trova anche in Berlusconi un orecchio ben disposto.

Ad alimentare il terrore di Berlusconi c’è il gioco di ricatti incrociati,  con i deputati che fanno capo a Cosentino, gli stessi presidenti delle Province di Salerno, Cirielli, e di Napoli, Cesaro (sotto inchiesta a Napoli), e poi Landolfi e Laboccetta e Castiello danno segni di nervosismo, disertano alcune votazioni in aula, fanno sapere a Berlusconi di essere pronti a passare al gruppo misto se quel decreto non verrà modificato, facendo così saltare la Finanziaria e mettendo ulteriormente a rischio la fiducia del 14 dicembre.

Così, per essere certo che Berlusconi ha capito, dopo il Consiglio dei ministri di giovedì, Nicola Cosentino, è andato a Palazzo Grazioli, trovando Berlusconi nel suo studio con Gianni Letta. Cosentino era accompagnato da Amedeo Laboccetta e Mario Landolfi (tutti anti – Carfagna) e alla fine è persino sbottato contro Berlusconi che provava a difendere la sua ministra: “Dottore, mi dispiace dirtelo, ma su Salerno non sai un cazzo!”. .