La ‘signora’ e la ‘vajassa’: la commedia napoletana approda in parlamento

Pubblicato il 22 Novembre 2010 - 11:09 OLTRE 6 MESI FA

Il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna

Conferma l’intenzione di dimettersi da tutti i suoi incarichi, poi però dice che “si può trattare”, non risparmia critiche ai vertici del Pdl, bolla come ‘‘guerra fra bande” la situazione del partito in Campania, e butta un occhio a Forza del Sud, il partito di Gianfranco Micciché, come suo possibile prossimo approdo il 15 dicembre, quando si sarà dimessa da ministro, deputato e componente del Pdl.

Gli ultimi tre giorni del ministro Mara Carfagna sono un turbinio di eventi, o di ventilati eventi (“Dopo le parole attendo i fatti”, diceva ieri al Mattino la bella ministra). E di insulti. Dall’accusa di tradimento lanciata da Alessandra Mussolini, alla risposta piccata di Mara, poi la replica di Alessandra: “Vergogna”.

E ieri quel “vajassa” scolpito sulle pagine del Mattino. “La Mussolini è colei che in campagna elettorale disegnava le corna sui miei manifesti, che ha portato i cannoli alla conferenza stampa con Alfano. In un partito serio una ‘signora’ del genere sarebbe stata messa a tacere, invece mai nessuno ha avuto il coraggio di bloccarla. A Napoli le chiamano le vajasse…”, dice Carfagna.

Vajassa. Forse ai più risulterà sconosciuta questa parola. Per spiegarla, il giorno dopo l’ultimo sfogo della ministra, si son cimentati un po’ tutti, cronisti e linguisti. “Sta per fantesca, spiega l maestro Roberto De Simone, storico e musicologo. Il poeta Giulio Cesare Cortese, nel Seicento, scrisse ‘La Vajasseide’, storia di serve che si sposano; tra i protagonisti un giovane che ha una ‘fattura’, un maleficio di impotenza”.

“La parola mi ricorda un poemetto in versi di Giulio Cesare Cortese: La vajasseide, racconta poi Raffaele La Capria. E già questo titolo suscita immediatamente l’idea del vicolo e dello scambio plateale di insulti da un basso (‘vascio’) all’altro. ‘Vajassa’ potrebbe dunque anche derivare da ‘vascio’, donna di ‘vascio’. Certo che è parola di vicolo e di gente che urla nel vicolo le sue invettive, più per il piacere di recitare la rissa che per quello di viverla davvero. Tutto è teatro a Napoli, città della vita come recita quotidiana”.

Ma la procace nipote del duce non risparmia la risposta: “E’ gravissimo che il ministro Carfagna rivolga a mezzo stampa gratuiti e volgari insulti ad una donna parlamentare. Per questo inqualificabile comportamento, in palese contrasto con le finalità che il ministero delle Pari Opportunità persegue, dovrebbe immediatamente rassegnare le dimissioni”. “Sappia che alla prima occasione di incontro sarà mia cura replicare ai suoi insulti, guardandola dritta in quei suoi occhioni, che dopo le mie parole, ne sono certa, risulteranno ancora più sbarrati”.

Lei che disse fiera “meglio fascisti che froci”  all’allora deputato di Rifondazione Comunista Vladimir Luxuria. Lei che sferrò un calcio, un calcio vero, alla comunista Katia Belillo sotto gli occhi allibiti di Bruno Vespa, lei che a Bocchino consiglio “prudenza, con quel cognome”. Lei, la sanguigna Alessandra Mussolini, sa “benissimo cosa significa vajassa! Anche mia madre che è napoletana, fosse qui, lo direbbe. Donna dei bassi, serva, vuol dire. E pure prostituta”.

Uno scontro tra belle, che non risparmiano colpi bassi sul coté fisico. E finiscono così per apparire quasi due macchiette: la filiforme “ignora Carfagna”, algidamente difesa dal Cavaliere, e l’avvenente consanguinea di Mussolini e Sofia Loren.  Più che un botta e risposta tra parlamentari, quasi una commedia napoletana.