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Caso Ablyazov, cronaca del polverone. Ambasciatore: stanno bene, non torneranno

di Marco Benedetto |13 Luglio 2013 11:42

Alma Shalabayeva e la figlia (Foto da Facebook)

ROMA – Il caso del dissidente latitante kazako Mukhtar Ablyazov e della “spedizione” in Kazakistan, da parte della Polizia italiana, della moglie Alma e della figlia Alua, ha scatenato una tempesta nel Governo di cui non si riesce a capire il senso né per i tempi di gestazione della crisi né per le vere ragioni che stanno sotto lo scandalo, impastato di documenti più o meno veri, con un turbine di cognomi e la pretesa che i poliziotti non potevano non accorgersene e non informare il primo ministro, come, a quanto pare, fanno di solito ogni volta che espellono un clandestino o un ricercato dall’Interpol.

Venerdì 12 luglio ha visto esplodere l’ira del presidente del Consiglio Enrico Letta, il quale con una mossa tipicamente italiana, ha pubblicamente smentito la Polizia di Stato italiana come fossero una scolaresca ribelle. Pochi possono immaginare Obama umiliare così pubblicamente il suo Fbi nella gioia universale dei giornali.

La vicenda ha certamente dei contorni oscuri per come è stata condotta, ma chi legge i giornali sa che le operazioni di polizia, per la loro stessa natura, sono tali.

Mentre risulta comprensibile la sensibilità umana verso il caso della moglie di Ablyazov e soprattutto della figlia, più difficile è interpretare la trasformazione in eroe e vittima di un signore che prima era pupillo del dittatore Nazarbaev, è diventato ricco e potente prima di scappare all’estero, ora si dice perseguitato politico (cosa verosimile perché da Mosca in là a non essere d’accordo si rischia la pelle) e ora è in Inghilterra è sotto processo per avere rubato miliardi di dollari alla Bta, una banca del suo Paese, il Kazakhstan, vive a Londra nel lusso ma tiene moglie e figlia in una villa a Casalpalocco, alla periferia di Roma. Dice l’avvocato della donna che è dovuta fuggire da Londra perché rischiava la pelle e ha cercato sicurezza a Roma.

Nel suo ultimo appello Ablyazov ha reso più toccante la vicenda sostenendo che la bambina potrebbe essere messa in un orfanotrofio.

Anche in questo caso resta difficile capire perché ci si debba appassionare a questa vicenda, mentre il fato del figlio di Rosi Bonanno è caduto nel silenzio: il bambino di 2 anni, la cui mamma è stata uccisa a coltellate sotto i suoi occhi dal padre a Palermo, andrà in orfanotrofio perché i nonni sono troppo poveri e anziani.

I punti più notevoli della cronaca della vicenda di Mukhtar Ablyazov, nelle ultime ore sono questi:

1. l’ira di Enrico Letta, come riferita da Repubblica;

2. i retroscena dalla Polizia, come riferiti dal Corriere della Sera;

3. L‘appello di Ablyazov e la fredda risposta dell’ambasciatore del Kazakistan, come riferite dalla Stampa.

A quel che scrive Francesco Bei su Repubblica, Enrico Letta sembra avere perso la testa:

“Da questa vicenda ne possiamo uscire soltanto adottando una politica di… total disclosure, di trasparenza assoluta”. Enrico Letta detta la linea ai ministri, chiusi nel suo studio a palazzo Chigi da mezzogiorno fino alle cinque della sera. Una prima parte riservata soltanto a Letta, Bonino, Alfano e Cancellieri, poi alla riunione fiume vengono ammessi il capo della Polizia, Alessandro Pansa, e il sottosegretario alla presidenza Filippo Patroni Griffi.

“La tensione è altissima. Il caso Shalabayeva, come confida un ministro, “rischia di far deragliare il governo”. Se infatti venissero accertate responsabilità del ministro dell’Interno e Alfano (già colpito da mozione di sfiducia di Sel e M5S) fosse costretto a dimettersi, è chiaro che il Pdl non potrebbe restare più in maggioranza. Per questo Letta e i ministri leggono e rileggono ad alta voce i risultati dell’inchiesta interna del Viminale, tutte le carte prodotte dalla difesa della signora Ablyazov e provano a ricostruire i vari passaggi nei dettagli, illuminando le responsabilità. Sembra che Alfano ne sia fuori. “Mi hanno tenuto all’oscuro, solo la Farnesina, ossia Emma, mi ha avvertito”, si difende. Il premier gli crede. “Sono stato io a informarlo – conferma Bonino a Letta – Angelino nemmeno sapeva chi fosse”.

Si vede che Letta non legge i giornali e nemmeno la rassegna stampa, perché del caso si parla da tempo.

Che poi un ministro dell’Interno si debba dimettere per la sfiducia di Sel e Movimento 5 stelle, cosa che in Italia può anche accadere, sarebbe proprio il segno dello sfascio.

C’è l’aspetto umanitario:

“Dobbiamo esercitare al massimo la nostra moral suasion”, dicono dal Governo. L’obiettivo al momento è evitare alla Shalabayeva il carcere e una pesante condanna penale. Con il rischio che la bambina possa essere mandata in un orfanotrofio nell’attesa che la madre venga rilasciata. Sarebbe un’onta per l’Italia. “Chi si è reso responsabile di tutto questo – ripete il premier ai ministri – non la può passare liscia”.

Preoccupato per Alma Ata, capitale del Kazakistan, e non per Palermo, mr Letta?

Francesco Bei dà un flash anche sugli aspetti di polizia:

“Quello che è accaduto in quella maledetta notte intorno alla villetta di Casalpalocco e poi ancora nei locali del Cie di Ponte Galeria presenta numerosi aspetti oscuri. Le procedure formali sembrano rispettate, così è scritto nelle carte portate da Pansa, ma qualcuno ha avuto troppa fretta, qualcun altro ha fatto finta di non vedere. “Sembra trasparire un evidente stacco – aveva detto Letta al question time – tra la correttezza formale dei vari passaggi e crescenti interrogativi sostanziali”. Intanto chi era quell’uomo con l’auricolare in un orecchio trovato dalla Digos intorno alla villa e presentatosi con un tesserino della presidenza del Consiglio? Il premier vuole sapere. Dall’inchiesta interna viene fuori che effettivamente “l’investigatore” è un ex 007 italiano in pensione, dipendente di un’agenzia privata di sicurezza incaricata di vigilare sulla residenza. Ma incaricata da chi e per quali motivi? L’interrogativo resta sebbene nel vertice di governo i servizi siano stati tenuti fuori dal “processo” perché non avrebbero avuto alcun ruolo”.

Ahi ahi quei tesserini che si lasciano per ricordo…

Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera mette subito in chiaro che

“il ministero degli Esteri fu informato che la signora Alma Shalabayeva stava per essere espulsa dall’Italia. La prova è in un fax inviato il pomeriggio del 29 maggio scorso dal Cerimoniale della Farnesina all’ufficio Immigrazione della questura di Roma che chiedeva conferma del fatto che la donna godesse dell’immunità diplomatica. Quanto basta per rendere ancora più fitto il mistero su che cosa sia davvero accaduto in quei giorni e fino al 31 maggio, quando lei e la figlia Alua di 6 anni furono rimpatriate”.

Sembra una vicenda di routine per la Polizia, fra clandestini e latitanti. Però Fiorenza Sarzanini si chiede

“Come è possibile che non risulti negli archivi della Farnesina che Alma Shalabayeva è la moglie di Mukhtar Ablyazov, il dissidente che il 7 luglio 2011 ha ottenuto lo status di «rifugiato» dalle autorità della Gran Bretagna”.

Viene un dubbio. che Alma Shalabayeva non sia la moglie come intende la legge, ancorché moglie a tutti gli altri effetti. Se fosse moglie legale dovrebbe avere il cognome del marito, come accadeva nella ex Unione Sovietica con un cambiamento di cognome al matrimonio che durava anche oltre il divorzio. La prassi è rimasta in vigore anche dopo la fine dell’Urss.

Dalla copia del passaporto che si vede sui giornali italiani il cognome è Shalabayeva. Il cognome che della donna risulta dl documento che aveva con sé quando la hanno presa i poliziotti italiani è quello da nubile, Ayan.

Altro punto che non convince molti è il fatto che il prelievo di madre e figlia fu preceduto da un altro blitz della Polizia alla ricerca di Ablyazov su mandato della Interpol per reati contro il patrimonio. Scrive Fiorenza Sarzanini:

“L’altro punto oscuro che l’indagine di Pansa dovrà chiarire: come è possibile che l’Interpol abbia sollecitato la cattura dell’uomo senza verificare che si trattava di un rifugiato politico?”.

La risposta è nel buon senso: lo status di rifugiato non dovrebbe coprire i reati comuni, ma solo tutelare da accuse di tipo politico. Ablyazov è accusato di avere rubato miliardi, non di opposizione politica. Che poi da quelle parti politica e affari, amicizia politica e ruberie siano facce dello stesso mostro è anche vero.

La cronaca di Fiorenza Sarzanini, che si basa sulla fonte Riccardo Olivo, avvocato di Alma, parte dalla prima irruzione nella villa di Casalpalocco:

“Gli agenti della Mobile che fanno irruzione nella villetta non trovano Ablyazov, ma sua moglie Alma. E per la donna è l’inizio dell’incubo, come ha più volte sottolineato il suo avvocato Riccardo Olivo che da settimane si batte per farla tornare in Italia e così sottrarla alla possibile vendetta del regime kazako. La signora esibisce un passaporto rilasciato dalla Repubblica del Centroafricana con il suo nome da nubile Alma Ayan. Gli agenti ritengono che il documento possa essere contraffatto e la trasferiscono nel centro di accoglienza di Ponte Galeria. È lì che la signora spiega di godere dell’immunità diplomatica. La mattina del 29 maggio il dirigente dell’ufficio Immigrazione Maurizio Improta chiede conferma al Cerimoniale della Farnesina, come prevede la prassi. La risposta arriva poche ore dopo. Il fax è firmato dall’addetto Daniele Sfregola. Attesta che la signora non gode di alcuna immunità. Precisa che era stata candidata dall’ambasciata del Burundi a diventare console onorario per le regioni del sud Italia, ma che quella candidatura era stata successivamente ritirata. Il ministero degli Esteri ha dunque svolto ricerche sul nominativo”.

Secondo Fiorenza Sarzanini, l’avv. Riccardo Olivo ha scritto:

 «Alla signora Shalabayeva e a sua figlia Alua sono stati rilasciati dalle competenti Autorità britanniche, in data 1 agosto 2011, regolari permessi di soggiorno, con validità sino al 7 luglio 2016. A seguito di segnalazioni della Polizia Metropolitana di Londra, circa la sussistenza di un concreto ed imminente pericolo per l’incolumità sua e della famiglia e dell’impossibilità per la stessa Polizia di garantire loro un’effettiva e continua protezione onde evitare che Ablyazov venisse assassinato sul territorio Britannico, la signora Shalabayeva, pur in possesso dei permessi di soggiorno britannici, ha deciso di allontanarsi dal Regno Unito. Dopo un periodo in Lettonia, si è trasferita in Italia, facendo ingresso dalla frontiera con la Svizzera, nell’estate del 2012. A partire da tale momento dunque viveva sul territorio italiano, e più precisamente in una villa in affitto a Casal Palocco, con la figlia Alua, unitamente ad alcuni collaboratori domestici. La signora Shalabayeva ha condotto nel territorio italiano una vita assolutamente normale, non ha mai avuto alcun problema con le Autorità italiane, ed ha iscritto la propria figlia Alua ad una scuola di Roma, che ha frequentato regolarmente».

Secondo Fiorenza Sarzanini,

 “sarebbe bastato questo dettaglio per scoprire chi fosse realmente”.

Francesco Grignetti della Stampa ha sentito Andrian Yelemessov, ambasciatore del Kazakistan a Roma e conclude:

“Non sarà affatto facile rivedere in Italia la signora, tanto più che sul suo conto, negli stessi giorni in cui era rinchiusa nel Cie di Ponte Galeria, in Kazakhstan è stato aperto un procedimento penale ad hoc. E ora è agli arresti domiciliari. Rischia una condanna. E rischia di vedere la figlia in un orfanotrofio. Dai primi segnali, il malumore kazako è fortissimo. «Non abbiamo ancora ricevuto alcuna richiesta da parte italiana – dice come primo commento pubblico l’ambasciatore Yelemessov – Posso confermare la correttezza delle procedure che hanno portato all’espulsione dall’Italia della signora Shalabayeva. Ogni giorno ci sono sciocchezze sui giornali su questo caso. La signora Alma e la figlia sono ad Almaty dai genitori della donna e stanno benissimo. Si può verificare».”

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