Indagini, giustizia, Casta e giornali: la battaglia della frase e del numero

Valanghe di dichiarazioni, alluvione di notizie, eruzione di pareri, commenti. In fondo potete farne a meno. Se volete capire da soli come va a finire la gigantesca storia della legge detta delle “intercettazioni”, potete evitare di scalare la montagna, risparmiarvi il bagno nella cronaca politica e parlamentare, evitare di scottarvi con gli umori, le grida, le mezze verità, le bugie. Comunque la pensiate o qualunque cosa votiate, tenete d’occhio una frase e un numero e saprete che partita si è giocata intorno a quella legge, come è stata giocata, chi l’ha vinta o almeno non persa e quale saranno d’ora in poi i connotati delle indagini giudiziarie e della informazione possibile sui fatti della cronaca e della politica.

La frase è: “La pubblicazione degli atti è comunque sempre possibile per riassunto”. Se questa frase alla fine nella legge ci sarà, allora vorrà dire che dentro e secondo la nuova legge bene o male le notizie sulla cronaca e sulla politica potranno essere diffuse. Senza quella frase nel testo finale vorrà dire che le notizie viaggeranno sostanzialmente clandestine e illegali. La frase c’era, era stata a fatica concordata tra Giulia Bongiorno e l’avvocato-parlamentare Ghedini. Era, come si dice in gergo, una “faticosa mediazione” raggiunta dentro il Pdl. Mediazione tra chi fortemente vuole che la nuova legge impedisca la pubblicazione dei testi delle intercettazioni e ogni notizia riguardanti indagini giudiziarie in corso e chi vuole limitare la licenza di pubblicare ma non cancellare la libertà di scrivere. Traduciamo con un esempio: un automobilista travolge sul passaggio pedonale due che attraversano la strada. La nuova legge vieta di pubblicare una registrazione telefonica in cui il guidatore accusato di omicidio colposo confessa balbettando concitato ad un amico o parente che quel giorno aveva bevuto oppure che stava provando a quale velocità poteva prendere quella curva. Si può giudicare questo divieto protezione della privacy oppure ostacolo alle indagini e bavaglio alla pubblica opinione, fate voi. Nella versione che comprendeva la frase sulla “libertà di riassunto” la legge consentiva comunque di dire e pubblicare che: tal dei tali affrontava la curca a velocità sostenuta come risulta dai rilevi della stradale…Senza quella frase, la legge consente alla stampa di dire e pubblicare solo che tal dei tali è stato incriminato. Poi più nulla fino alla fine dell’indagine preliminare, insomma per mesi o per anni. Senza quella frase vige infatti il divieto di pubblicare gli atti dell’indagine “anche se non più segreti”. La frase c’era, poi il Pdl al Senato l’ha tolta. Ora pare possa ricomparire alla Camera. Seguite la frase e il suo destino e saprete in quale Repubblica e mondo vivete.

Il numero è: 75. E’ il limite di giorni posto dalla nuova legge alle intercettazioni. Insomma mettere e tenere sotto controllo un telefono per più di 75 giorni non si può. Poliziotti, magistrati e in fondo anche il senso comune dicono che è un limite corto e soprattutto astratto. Perchè 75? Non c’è nessun perchè se non  la voglia chiara di limitare le intercettazioni. Le intercettazioni, non la loro pubblicazione che altra parte della legge comunque esclude. Dovesse sparire quel numero e quel limite, resterebbe nella legge l’obbligo a decidere le intercettazioni da parte di un collegio di giudici, l’obbligo a disporle in presenza di “indizi” più consistenti di un sospetto. Insomma le intercettazioni diventerebbero più difficili da disporre. E resterebbe la regola, unica o quasi al mondo, per cui se intercetti per caso un politico, un prete o un agente dei servizi segreti, tu giudice ti devi fermare e spedite tutto al Parlamento, al Vaticano, al governo, insomma ad avvertire di fatto l’ intercettato che da quel momento in poi si regola. Resterebbero insomma un sacco di norme contro le “intercettazioni facili”. Ma, senza quel numero, 75, e senza quella scadenza dopo la quale il telefono è libero da ogni controllo chiunque tu sia e qualunque cosa, anche criminale, tu abbia organizzato nei 75 giorni precedenti, le intercettazioni resterebbero possibili e praticabili come strumento di indagine. Con quel numero nella legge e con quel limite temporale le intercettazioni residue sono un terno al lotto: se indovini il giorno giusto, proprio quello in cui il delinquente si tradisce al telefono…Altrimenti, peccato! Tempo scaduto e indagine che riparte dal “Via” come al Monopoli.

Guardate la frase e guardate il numero: se la prima scompare e il secondo resta la parola “bavaglio” che usa l’opposizione non è esagerata, è realismo puro. Se ricompare la frase sulla “libertà di riassunto” e si alza o sparisce la cifra di “scadenza” delle intercettazioni, allora indagare e pubblicare in qualche modo si potrà ancora. Si sarà fatto spazio, tanto spazio, ad un concetto ipetrofico di privacy che quasi coincide con la sacralità e inviolabilità dei “fatti propri”, anche se uno se li fa contro e a dispetto della legalità. Ma informare si potrà, magari rinunciando alla orrida regola non scritta, non detta e che pure nella redazioni impera, secondo cui: la verità non faccia ombra alla notizia, cioè si pubblichi tutto e poi si vede. Se i 75 giorni diventano i giorni che servono caso per caso, allora indagare sarà possibile. Altrimenti, senza “libertà di riassunto” e stretti nei 75 giorno e poi “tana libera delinquenti al telefono”, allora sarà solo Casta che si protegge dalla legge e si oscura alla pubblica opinione.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie