MILANO – Cene per il Pdl, quelle del capogruppo Paolo Valentini. Secondo i pm avrebbe “collezionato” rimborsi tra i ”584 euro” spesi da ‘Berti’, gli ”836 euro” consumati a ‘Le Jardin’, altro noto ristorante milanese, e gli oltre 1500 euro di una tavolata per 26 persone nel 2008. Poi gli sfizi della Lega Nord, con il consigliere Pierluigi Toscani, che si comprava anche ”un chilogrammo di ‘chiacchiere”’, e il suo collega Alessandro Marelli, che presentava uno scontrino per l’acquisto di ”cornici” e spendeva ”50 euro” in gadget di varia natura. L’inchiesta per peculato della Procura di Milano si allarga nel consiglio della Regione Lombardia e si arricchisce di particolari.
Per gli investigatori, che conducono l’inchiesta sul presunto scandalo dei rimborsi regionali al Pirellone, dai lunghi elenchi di esborsi con soldi pubblici, contestati negli inviti a comparire ai 22 consiglieri (tra dimissionari ed ex), emergerebbe anche una sorta di ripartizione: con gli esponenti del Carroccio più propensi ad acquistare ‘sfizi’ culinari o oggettistica varia, dai ”cannoli” alle ”torte” fino agli ”aerei di carta”, e con quelli del Pdl più impegnati nei pranzi e nelle cene, spesso nel week end.
Stando all’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e dai pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio, entrambe le ‘linee di spesa’, rappresentate in quelle decine e decine di pagine notificate il 14 dicembre dalla Guardia di Finanza, cozzano non solo con la legge regionale del 1972 che regola i rimborsi ai gruppi consiliari, ma anche con il regolamento contabile del Consiglio regionale.
Se la normativa, infatti, può apparire un po’ vaga perché parla, in generale, di ”spese di formazione, aggiornamento, consulenze esterne occasionali, documentazione, rappresentanza, divulgazione e accesso e utilizzo delle nuove tecnologie”, il regolamento, secondo gli inquirenti, è chiaro. E attribuisce una responsabilità personale ad ogni singolo consigliere nel modo di spendere i soldi che vengono erogati al gruppo: le spese di rappresentanza, si legge nel regolamento, devono ”risultare idonee a soddisfare un pubblico interesse ovvero a mantenere o ad accrescere il prestigio del Consiglio”.
E devono anche ”essere prive di intenti e di connotazione di mera liberalità non giustificata dai fini istituzionali del Consiglio” ed ”essere motivate e sostenute da idonea documentazione giustificativa in ordine alle circostanze, alla causa ed alla natura delle erogazioni”.
Stando a questi riferimenti normativi, per gli inquirenti, non si possono giustificare (e quindi scatta il peculato), per esempio, le ”consumazioni” da oltre 800 euro in una serata di Nicole Minetti e nemmeno i videogiochi acquistati da Renzo Bossi, néuna cena da 330 euro di sabato nel novembre 2010 rimborsata a Toscani e nemmeno quella a Bellagio, sul lago di Como, da 251 euro del presidente del Consiglio regionale, Fabrizio Cecchetti.
Secondo Roberto Formigoni, invece, la Procura ha contestato tutti i rimborsi effettuati dai consiglieri ”dal primo all’ultimo, non qualcuno in particolare”, mentre ”appaiono esserci delle spese ingiustificate nell’ordine del 5-6%”. Uno scandalo, quindi, che a detta del Governatore ”va fortissimamente ridimensionato”.
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