ROMA – La Sopraintendenza di Roma ha ricevuto lunedì mattina una circolare urgente da parte del Ministero dei Beni Culturali (Mibact): fateci sapere, dice la lettera, i nomi dei lavoratori impiegati al Colosseo che hanno partecipato alla famigerata (nel senso che ha innescato un caso politico nazionale) assemblea sindacale di tre ore mentre i turisti in fila aspettavano davanti ai cancelli chiusi.
Dario Franceschini, il ministro, spalleggiato da Matteo Renzi, aveva sbottato (“la misura è colma”), accusato senza mezzi termini i sindacati di fare il male del Paese. La circolare sparge sale sulle ferite. E sembra fare il paio con la sfuriata a beneficio di social e media contro lavoratori che chiedevano 11 mesi di straordinari non pagati. Come per l’assemblea (autorizzata e ministero avvisato), anche per i nomi al Mibact basta un clic al computer per conoscere l’identità di chi usufruisce di un permesso sindacale, e quando.
La mossa ha il sapore della schedatura preventiva. I sindacati non drammatizzano, parlano di richiesta legittima ma antipatica. In fondo lo sblocco degli straordinari alla fine è arrivato. Franceschini sostiene che i sindacati lo sapevano prima dell’assemblea, loro replicano, non è vero, lo sblocco è arrivato solo il giorno dell’assemblea e solo dopo che il ministro dell’Economia Padoan è stato infine convinto. Forse ha ragione Arianna Di Genova de Il Manifesto.
Franceschini e Renzi si spalleggiano, e mentre si professano paladini del Colosseo, chiuso per due ore a causa di un’assemblea sindacale già annunciata, nei fatti dichiarano guerra al patrimonio stesso. Perché per tenere aperti musei e siti archeologici, rendendoli quel prezioso biglietto da visita che in realtà sono per naturale dna, bisognerebbe prima di tutto sostenerli, trattarli davvero come beni comuni. Ma quella manciata di ore «rubate» ai turisti ha tenuto in scacco i vari proclami di Renzi&Co sulla cultura, divenuta una formidabile macchina per spremere consenso. (Arianna Di Genova, Il Manifesto)