Paga la rata e scappa: con il condono hanno fregato 4 miliardi, saranno perdonati?

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 20 Giugno 2011 - 15:14 OLTRE 6 MESI FA

foto Lapresse

ROMA – Paga la rata e scappa, solo la prima s’intende. I condoni edilizi vanno per la maggiore nei governi Berlusconi che negli ultimi 17 anni, cioè dalla sua prima elezione, ne ha varati ben tre. Piacciono tanto perché portano soldi nelle casse delle Stato ma, se pensati e fatti male, oltre a legalizzare abusi e danni per l’ambiente, rischiano anche di fruttare meno, molto meno rispetto a quanto stimato, preventivato e magari già messo a bilancio. Dal condono del 2002 ad esempio, il penultimo, mancano all’appello la bellezza di 4,2 miliardi di euro. Miliardi dovuti allo Stato da cittadini che prima hanno costruito abusivamente, poi hanno aderito al condono per uscire dall’illegalità e pulirsi coscienza e fedina penale pagando la prima rata, e poi sono spariti. Una fregatura al cubo per lo Stato e per tutti i cittadini onesti che difficilmente possono sperare di recuperare i crediti mancanti.

Per concludere la pratica “condono 2002” ci vorranno decenni. Nei nove anni già trascorsi lo Stato ha incassato non poco, ben 20,8 miliardi di euro, ma ne restano da incassare altri 4,2. Somme dichiarate come dovute, ma mai versate dai contribuenti che in molti casi hanno pagato la prima rata del condono, ottenendo così l’estinzione di tutti i reati tributari e penali connessi, e poi sono letteralmente spariti. Sarebbe interessante sapere chi ha stabilito che nel condono in questione bastasse pagare la prima rata della sanzione per estinguere le violazioni. L’occasione, si sa, fa l’uomo ladro. E se l’uomo in questione non è poi un esempio d’onestà già in partenza…

I nomi dei morosi si conoscono e a tutti l’Agenzia delle entrate, attraverso Equitalia, ha inviato le cartelle esattoriali con le somme iscritte a ruolo da pagare. Ma da quando sono scaduti i termini sono stati recuperati appena 910 milioni di euro, una decina al mese. La riscossione, a volte, non tiene nemmeno il passo rispetto agli interessi di mora e alle sanzioni, che fanno lievitare la massa dei crediti. Di questo passo, denuncia la Corte dei Conti, ci vorranno dodici anni per riscuotere il dovuto. E non è nemmeno detto che ci si riesca, perché le nuove norme contenute nel decreto sviluppo, che allentano la morsa della riscossione, rischiano di offrire ai furbetti del condono una nuova, insperata, scappatoia. Tra le modifiche già definite dal Parlamento c’è ad esempio quella di impedire agli agenti della riscossione il pignoramento degli immobili quando il credito del fisco è inferiore ai 20 mila euro. La Corte dei Conti auspica che «tale modifica non riguardi la fattispecie delle rate da condono non versate», anche se il grosso delle somme che resta da incassare riguarda contribuenti che hanno debiti ingenti nei confronti del fisco.

Il grosso del credito che lo Stato vanta nei confronti dei furbetti del condono è ascrivibile se non a professionisti della scappatoia, quantomeno a “grandi condonatori”. Non è dovuto cioè da cittadini che hanno allargato la stanza da letto del figlio o chiuso la veranda. Gli importi dovuti e mancanti indicano che i morosi sono soprattutto cittadini che hanno chiesto condoni molto ampi e quindi particolarmente onerosi. Quelli che hanno pendenze superiori ai 500 mila euro sono appena il 3,4% del totale, poco meno di 30mila persone, ma sono debitori di oltre il 50% delle somme che devono essere ancora incassate: 2,8 miliardi di euro sui 4,2 complessivi. Per avere un’idea, i contribuenti che hanno un debito fiscale inferiore a 25 mila euro sono poco più di 20mila, ma a questi restano da pagare appena 89 milioni di euro. La colpa non è solo del condono fatto male, per cui bastava pagare una sola rata per essere a posto e poi, magari, spogliarsi formalmente da ogni proprietà per non dare appigli al fisco, anche se il legislatore come si dice, c’ha messo del suo. Un altro problema sono i controlli che, anche quando sono possibili, non riescono a dare sempre i frutti sperati. Il blocco dei conti bancari, ad esempio, non è stato sfruttato al massimo. Dei 264 contribuenti che avevano un debito con il fisco superiore al milione di euro, l’accesso ai conti bancari è scattato solo in 135 casi, portando a 90 pignoramenti. Lo stesso per i 315 evasori che devono allo Stato tra 500 mila e un milione di euro: solo 185 accessi alla banca dati dei servizi bancari e finanziari, che hanno determinato il congelamento dei beni in 110 casi.