ROMA – Toni accesi, animi surriscaldati, aspiranti in attesa e scontenti sulle barricate. Nel Movimento 5 Stelle si infiamma il confronto sulla scelta dei sottosegretari. L’obiettivo, per il premier Giuseppe Conte, è fare “il prima possibile”, per permettere al governo di “governare”: solo dopo aver completato la squadra con i 42 sottosegretari si potrà andare a regime.
Ai Cinque stelle ne andrebbero tra i 22 e i 23, al Pd tra i 17 e i 18, a Leu 1 o forse 2. L’obiettivo è farli giurare giovedì, quand’è convocato il Consiglio dei ministri. Ma le liti dentro i partiti minacciano di far slittare tutto. Una riunione di maggioranza domani sera dovrebbe essere decisiva. In una saletta del Senato, mentre in Aula va in scena il dibattito sulla fiducia, si riuniscono i dirigenti M5s delle commissioni finanze e bilancio di Camera e Senato: secondo il metodo indicato da Luigi Di Maio, entro mercoledì mattina, devono consegnare rose di cinque nomi per i ministeri di loro competenza.
Tensione M5S: “Decide tutto Di Maio”
C’è chi ipotizza uno schema che prevede tre tecnici e due politici, o viceversa. Sono indicati alcuni criteri: dalla partita sono esclusi i presidenti delle commissioni, che il Movimento 5 stelle dovrebbe tenere dunque per sé, senza cedere posti al Pd. Il metodo non piace, si litiga sui nomi. I toni si alzano, il vociare si sente da fuori. “Tanto alla fine decide tutto Di Maio”, lamenta più d’uno.
E’ questo anche il senso, non dichiarato, della nota congiunta diramata dai presidenti di commissione M5s della Camera, quasi tutti “ortodossi”: “Il Movimento non è un ufficio di collocamento”, avvertono Marta Grande, Filippo Gallinella, Carla Ruocco, Giuseppe Brescia, Marialucia Lorefice, Gianluca Rizzo e Luigi Gallo, invitando a scegliere “le figure migliori del gruppo e non solo”.
Nel Pd il gioco delle correnti: quanti renziani?
Si discute, in maniera meno plateale, anche nel Pd, dove alcune caselle sono definite ma la squadra è ancora soggetta a modifiche. Niente rose di candidati, in questo caso: spirito unitario ed equilibrio territoriale, sono i criteri del Nazareno. Ma la discussione è accesa anche all’interno delle singole correnti: i nomi renziani, per dire, non sono ancora definiti. Dario Franceschini, che ha anche un colloquio con Matteo Renzi, punterebbe a una stretta sulla lista Pd domani.
Conte sarà tutto il giorno a Bruxelles, ma avrebbe chiesto di ricevere i desiderata dei partiti mercoledì sera, in modo da permettere il giuramento giovedì. Ma nei partiti c’è pessimismo sulla possibilità di fare in tempo: slitterebbe tutto al giovedì successivo. La definizione della squadra comunque partirà proprio dalla presidenza del Consiglio, dove il segretario generale Roberto Chieppa ha declinato l’offerta di fare il sottosegretario.
Economia, la rosa di cinque nomi M5S che fa infuriare Grillo
Al Pd dovrebbe andare la delega all’editoria e probabilmente anche quella agli enti locali (inclusa Roma capitale). Il M5s (in forse Riccardo Fraccaro già sottosegretario a Palazzo Chigi), dovrebbe avere le Riforme. Ma è nell’incastro tra le caselle che si definiranno i ruoli. Nel Movimento, ad esempio, la battaglia è accesa sul ministero dell’Economia, dove sembra destinato ad arrivare il Dem Antonio Misiani e dove Laura Castelli punterebbe alla conferma da viceministro, cui ambirebbe anche Stefano Buffagni.
Secondo Dagospia questa è la cinquina di nomi M5S – Castelli, Buffagni, Currò, Villarosa e Presutto – tra i quali Di Maio “sceglierà i fortunati che andranno a lavorare al Mef e che è stata fatta recapitare anche al Pd. Inutile dire che Beppe Grillo non è il ritratto della felicità. Avrebbe voluto che almeno stavolta si fosse scelto anche tra eccellenze esterne al partito”.
Pierpaolo Sileri alla Sanità, Gianluca Gaetti all’Interno, Francesco D’Uva alla Cultura, sono alcuni degli altri nomi che circolano tra i 5s. In casa Pd si citano Luigi Marattin a un ministero economico, Gian Paolo Manzella all’Energia, Roberto Morassut agli Enti locali, Lia Quartapelle agli Esteri con il pentastellato Manlio Di Stefano. Ma le caselle sono mobili, le riunioni ancora tante. Il rischio slittamento elevato. (fonte Ansa, Dagospia)