Vuoi i coronabond? I tedeschi all' Italia: "Ti aspettano austerità, tasse, recessione" Vuoi i coronabond? I tedeschi all' Italia: "Ti aspettano austerità, tasse, recessione"

Vuoi i coronabond? I tedeschi all’ Italia: “Ti aspettano austerità, tasse, recessione”

Coronavirus e coronabond, si profila uno scontro decisivo fra Italia e Germania. E si profila anche una nuova confrontation fra partiti in Italia. E se il Governo non saprà alzare la testa e puntare i piedi, si profila una botta di austeritò da cui potremmo non rialzarci più.

Mattarella ha dato il segnale, reagendo alla reazione non si sa quanto isterica o freudiana di Christine Lagarde.

Ma tocca a Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri a Roma, a Paolo Gentiloni a Bruxelles tradurre quelle nobili parole in concreti atti di dignità politica. E non sembra che vedano le cose nella stessa ottica.

A condurre la danza sono i tedeschi, da anni intenzionati a piegare l’Italia e gli italiani sotto le regole della loro disciplina fiscale. Vogliono farci fare la fine della Grecia. 

Origine dello scontro sono le misure che il Governo Conte ritiene indispensabili per risollevare l’Italia dalla crisi in cui la emergenza coronavirus ci ha precipitato. E in cui sempre più scivoleremo.

Ogni mese di tutti a casa quanto può valere in termini di pil perduto? Quanti miliardi ci vorranno per rimetterci in piedi? Trump e Boris Johnson parlano di un reddito di cittadinanza di 2 mila euro al mese per tutti gli americani e tutti gli inglesi. 

In Italia parlano di 25 miliardi che non basteranno. Che soprattutto non serviranno a nulla se lo Stato non sarà capace di spenderli, cioè di farli uscire dai conti e arrivare a chi ne ha bisogno.

Chiedete un po’ a Conte quani miliardi sono bloccati nelle casse statali, anni e anni dopo i vari sblocca Italia…

I tedeschi sono sul piede di guerra. C’è che ha visto la gaffe della Lagarde probabilmente tale non fu, era l’eco della volontà germanica che ormai, dopo l’uscita di Mario Draghi, domina incontrastata alla Bce. Con Lagarde docile strumento nelle mani di Berlino. Il primo segnale d’allarme lo aveva lanciato in settimana Federico Fubini sul Corriere della Sera.

Due articoli, uno su Repubblica e uno sul Fatto, sollevano il sipario e prospettano il peggio.

Leggiamo quel che scrivono Tommaso Ciriaco e Alberto D’Argenio su Repubblica, da Roma e da Bruxelles.
 La posizione italiana è tragicamente semplice. 
 Paolo Gentiloni, commissario europeo, lo dice chiaramente:

“A una crisi straordinaria serve una risposta con strumenti straordinari. Stiamo discutendo anche di Coronabond”. 

Sarebbe il primo titolo di debito comune della storia dell’euro finalizzato, nello specifico, a rispondere al Covid-19.

Conte precisa che deve trattarsi di “una soluzione europea offerta a tutti gli Stati a condizioni paritarie. […] È necessario un segnale di forte consapevolezza dello shock assolutamente straordinario ed esogeno che stiamo affrontando”.

il francese Emmanuel Macron, in questa fase tutt’altro che forte, è con lui.

Ma gli europei del Nord, cioè quelli di ceppo e lingua germanica, Olanda e Finlandia in testa, non ne vogliono sentir parlare.

A complicare le cose ci sono le regole costituzionali europee. Per questo il maxipiano europeo dei coronabond è finito nelle fgrinfie del Fondo salva-Stati guidato dal tedesco Klaus Regling. Tra venerdì e lunedì le istituzioni Ue metteranno sul tavolo le proposte elaborate. E toccherà ai ministri delle Finanze discuterle durante l’Eurogruppo, in agenda al più tardi martedì, per farle infine planare sul tavolo dei leader, giovedì prossimo. 
Ma il vero nodo sarà quello del ricorso al Fondo salva-Stati (Mes). Sul Fondo, nei mesi scorsi, in Italia c’è stata già grande polemica. Ma si era in età pre-coronavirus.

Ideologia e opportunismo politico inquinarono il dibattito. Per quelli della sinistra, basta dire che una idea è sovranista per colarla a picco. Senza nemmeno prenderl in considerazione.

Se il confronto sarà un’altra volta su questi binari, l’Italia correrà grossi rischi.

eggete con attenzione queste righe:

“Il piano è quello di mobilitare i suoi 410 miliardi di euro per soccorrere i bilanci nazionali sotto stress per gli interventi contro il virus. Oggi per accedere ai programmi del Mes è prevista una dura condizionalità, ovvero la firma di un memorandum monitorato dalla Troika Ue. L’escamotage sarebbe quello di legare l’aiuto al solo contrasto del Covid- 19. In questo modo, i Paesi soccorsi eviterebbero la perdita di sovranità e allontanerebbero lo stigma sui mercati che colpisce chi accede al fondo salva Stati”.

Conte e Gentiloni lo hanno capito benissimo. Ma anche Orlando e Sonnino avevano capito tutto nel 1919 a Versailles. E finì come finì.

Al ministero dell’Economia, sezione Tesoro, hanno già issato bandiera bianca.

Leggete le righe raggelanti scritte da Carlo Di Foggia sul Fatto:

“La sintesi brutale è questa. L’Italia sta trattando in sede europea il coinvolgimento del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, per far fronte alla crisi innescata dal coronavirus. Al Tesoro guidato da Roberto Gualtieri, molto più che a Palazzo Chigi, si sono convinti che non ci sia alternativa a mettersi sotto tutela chiedendo l’aiuto dell’ex fondo salva-Stati, anche perché è l’unica chiave, a statuti vigenti, per accedere alle Omt (Outright monetary transactions) della Bce, le operazioni di acquisto illimitato di Titoli di Stato nate nel 2012 come conseguenza del Whatever it takes di Mario Draghi”.

Dietro le smentite ufficiali, rivela Di Foggia, l’Italia si è mossa da tempo, chiedendo l’uso del Mes già in seno all’Eurogruppo, la riunione dei ministri delle Finanze dell’euro, di lunedì scorso.

“Dai lavori preparatori dei tecnici ministeriali emerge chiaramente. Sollecitato anche dal nostro Paese, il capo del Mes Klaus Regling ha sollevato il tema e chiesto di menzionare il fondo nelle conclusioni finali. “Regling – si legge in documenti riservati visionati dal Fatto – ha presentato idee per nuovi strumenti del Mes, che potrebbero essere utilizzati per mitigare l’impatto economico della crisi. In particolare, ha suggerito che tutti gli Stati potrebbero richiedere il sostegno dell’Eccl al fine di ridurre il possibile effetto stigma”.

L’Eccl è un linea di credito soggetta “a condizioni rafforzate” (ed è la porta d’accesso all’aiuto della Bce). Il Mes può erogarla dietro “condizionalita”: il Paese che ne fa richiesta deve firmare un memorandum in cui si impegna a mettere in campo misure per rientrare dall’esposizione, che per i Paesi più indebitati si traduce in una stretta fiscale (tagli e tasse, cioè l’austerità).

In alternativa, Regling “ha anche menzionato la possibilità di creare uno strumento aggiuntivo, che potrebbe ad esempio essere simile, nella sua struttura, al credito rapido del Fondo monetario internazionale”.

Secondo i documenti, tutti i grandi Paesi, Italia compresa, “concordano sulla necessità di dare un ruolo al Mes nella gestione della crisi. D’altra parte – si legge – alcuni (in particolare Italia e Spagna) hanno sottolineato il rischio di inviare segnali negativi al mercato su potenziali condizionalità legate al sostegno finanziario”. La più preoccupata è la Commissione europea, che per bocca del suo rappresentante Maarten Verwey “ha messo fortemente in guardia” dai rischi di coinvolgere il Mes, anche perché la sorveglianza fiscale si sposterebbe sul fondo (a trazione tedesca).

La proposta di Regling è rimasta sul tavolo e da allora è la base di discussione. Dalle minute emerge che i Paesi del blocco nordico, Austria e Germania in testa, sono contrarie a nuovi strumenti perché, comportando modifiche ai Trattati, “andrebbero coinvolti i Parlamenti nazionali” e si perderebbe tempo. Resta solo l’ipotesi dell’accesso collettivo o in ogni caso condizionato.

Martedì, durante il Consiglio europeo in videoconferenza, Italia e Francia hanno avanzato la proposta che il Mes emetta debito sul mercato (i “corona bond”) per fronteggiare la crisi. Una forma embrionale degli eurobond di cui si parla da anni. Merkel si è mostrata scettica, il premier olandese Mark Rutte contrario. Il blocco nordico vuole che resti una forma di condizionalità, magari da attivare più avanti, quando la crisi sarà finita.

Il rimbalzo a Roma non è confortante.

Una scelta del genere, scrive Carlo DI Foggia, dovrà, comunque, passare dal Parlamento, che è già in rivolta. Il M5S è contrario: “Qualsiasi attività messa in campo dall’Ue non deve contemplare l’utilizzo del Mes”. LeU concorda. La Lega, contrarissima, chiede che Conte riferisca in Aula.

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