ROMA – Coronavirus dà alla testa. E’ il sintomo, grave, che coronavirus sta inducendo al corpo…sociale.
Santelli, governatrice della Regione Calabria, ieri sera ha abolito di fatto l’epidemia nella sua Regione.
Ordinanza della sera firmata Santelli: bar e ristoranti riaprono in Calabria, non solo asporto da subito, da subito anche tavolini e clienti e tavoli e camerieri, basta siano all’aperto, magari sul marciapiede.
La firma in calce all’ordinanza è della stessa Santelli che nei giorni scorsi aveva chiesto per chiudere la Calabria niente meno che l’esercito (italiano, non della Calabria). La stessa Santelli che nei giorni scorsi, non scorsi da molto, aveva rivendicato la chiusura e l’impenetrabilità della sua Regione a stranieri/italiani che venissero da altrove.
Coronavirus dà alla testa, infatti non pochi sindaci della Calabria e perfino proprietari e gestori di bar e ristoranti in Calabria sono rimasti, alla notizia, in dubbio. In dubbio se riaprire in 12 ore, in dubbio se la legge calabra di recente invenzione valga più della legge nazionale, in dubbio se sia il caso di mettere tavolini magari poi da ritogliere subito, in dubbio sulla…Santelli.
Coronavirus dà alla testa. Ogni Regione italiana si sente una nazione a parte. Zaia in Veneto fa come gli pare e rivendica pure l’assoluta correttezza e il supremo dovere di fare come gli pare. Ma Zaia è uomo che sa quel che fa, quindi allarga, estende ma non straccia le disposizioni del governo centrale come invece Santelli.
Lombardia, Piemonte ma anche Emilia e Toscana e Puglia certo e Sicilia non manca all’appello e Alto Adige certo che c’è e Liguria non è da meno. Ci sono tutti più o meno i governi regionali nella pratica del ciascuna una nazione a parte.
Coronavirus dà alla testa di questa sbilenca e grottesca struttura istituzionale tra governo centrale e governi locali in cui tutti comandano sulla testa dell’altro. Avesse un volto, coronavirus sorriderebbe nel vedere questi umani che si inventano mini nazioni, mini confini, ciascuno le sue mini regole…come se lui, coronavirus, tenesse conto che di qua è Lombardia, di là Calabria.
Coronavirus dà alla testa di quel che sarebbe Italia: Calabria apre bar e ristoranti un mese prima del resto d’Italia, la Basilicata, che le sta geograficamente accanto, dispone il tampone per chi entra in Regione. Calabria abolisce epidemia, Basilicata impone dogana sanitaria. Due territori addossati l’uno all’altro, si attraversa un fiumicello e cambia tutto: qui coronavirus non c’, qui coronavirus c’è.
Coronavirus dà alla testa: Fase Due dipende da pronte e attente segnalazioni dai territori dei nuovi casi e delle nuove catene di trasmissione. Dipende quindi dalle Regioni, dai governo regionali se Fase Due è convivenza lunga con contagio che cala o non sale, oppure convivenza breve con virus che prosegue e torna ad infettare su larga scala. Dipende dai governi locali, cioè dio ce la mandi buona.
Fase Due dipende anche dalla App per tracciare e segnalare contagiati. Di Maio è riuscito a dire che App serve per individuare chi sta per essere positivo. App indovina dunque e capace di leggere nel futuro. A parte questa gag, l’App è tanto fondamentale quanto immaginaria. Arriverà, se arriverà, a fine maggio, magari giugno. Sono due mesi due che commissione dei 74 studia App, poi ci saranno gli organismi e gli Enti coi loro pareri, poi ci saranno i Comitati. Poi bisognerebbe addirittura farla davvero la App.
Fase Due dipende da distanziamento e relativa sicurezza su bus, metro, treni. Indispensabile spostarsi stando a distanza l’uno dall’altro. Indispensabile quanto immaginario. Aziende di trasporto pubblico hanno già alzato bandiera bianca e dichiarato di appellarsi alla clemenza della mascherina.
Fase Due dipende dalla mascherina, intorno alla mascherina l’imbarazzate tarantella dei 50 cent e soprattutto il groviglio di mezze verità mai sia detta tutta la verità. Mascherina non immunizza certo dal contagio ma, se ce l’hanno tutti, riduce di tanto lo spazio al contagio. Se ce l’hanno tutti, se tutti la cambiano spesso. Però perché ce l’abbiano tutti e perché tutti la cambino spesso non c’è disponibilità né volontà.
Non ci sono 50 milioni di mascherine al giorno e non ci sono milioni di cittadini disposti a capire che la mascherina non è una maglietta che si porta tutta una stagione, magari lavandola ogni due-tre giorni.
Fase Due dipende dai test sierologici che servono a inseguire il virus e invece la gente li crede test di immunità personali.
Fase Due dipende dai tamponi, da fare in fretta a chi ha avuto contatti con contagiati. E invece tutti si affollano attorno chiedendo tamponi come fossero un diritto acquisito e negato di ogni cittadino.
Fase Due dipende da un governo determinato e sicuro di se stesso. E da politici, soprattutto di opposizione, capaci di fare qualcosa di diverso da propaganda, propaganda spesso dozzinale e sguaiata. Quindi Fase Due dipende da due cose che non ci sono.
Fase Due dipende dalla capacità di ciascuno di non gridare che il proprio problema o bisogno sono la prima e la seconda cosa da soddisfare. Dalla volontà e capacità di non sforare e sfarinare le regole delle protezione sanitaria. Violarle, sfarinarle per distrazione, ignoranza, leggerezza, menefreghismo, oppure perché non coincidono con i cavoli propri. Una grande scommessa sui cittadini, scommessa grande e azzardata.
Fase Due dipende dalla testa collettiva di una comunità cui coronavirus ha già con tutta evidenza dato alla testa.