Cosentino story: richiesta d’arresto, candidatura ritirata, dimissioni

Le traversìe politico-giudiziarie dell’ex coordinatore del Pdl in Campania Nicola Cosentino sono cominciate il 9 novembre 2009: il sottosegretario all’Economia riceve una misura cautelare per concorso esterno in associazione camorristica. Molti “pentiti” di camorra avevano infatti indicato l’esponente del Pdl, nativo di Casal Di Principe (Caserta), come uno dei punti di riferimento del clan dei Casalesi nel mondo politico. In quei giorni i giornali indicavano Cosentino come candidato del centrodestra per la presidenza della Regione Campania.

Alcuni politici del Pdl cominciano a prendere le distanze da Cosentino: per primo è Italo Bocchino a dirsi «perplesso» sulla sua candidatura. Poi anche Gianfranco Fini ritiene «inopportuno presentarlo» nella corsa alla poltrona di governatore. Fini non solo esprime il proprio parere, ma dice che è d’accordo con lui anche il premier Silvio Berlusconi.

Dopo pochi giorni (è il 12 novembre) Cosentino rivela che il presidente del Consiglio non la pensa proprio così: «Non mi dimetto dalle mie cariche e non rinuncio alla candidatura – dice Cosentino – Me lo ha chiesto lo stesso Berlusconi». Cosentino dichiara anche che potrebbe decidere di rinunciare alle sue cariche solo nel caso in cui Berlusconi glielo richieda esplicitamente.

Sono i “colleghi” deputati a salvare Cosentino dal carcere: il 25 novembre la Giunta della Camera dice “no” alla richiesta di arresto da parte della Procura di Napoli. Il 10 dicembre la Camera al completo ribadisce la propria contrarietà all’arresto: i voti a favore del diniego all’arresto sono 360, quelli contrari 226.

La maggioranza fa quadrato attorno a Cosentino, mentre Casini, che aveva già invocato le dimissioni «per dignità» dalla carica di sottosegretario (28 novembre), torna alla carica: durante la discussione in Aula del 10 dicembre il leader dell’Udc dice che «non si può difendere l’indifendibile». L’intervento di Casini piace così tanto a Gianfranco Fini, che il presidente della Camera invia un biglietto di congratulazioni al leader centrista. Le immagini del biglietto fanno immediatamente il giro del web e creano un “caso” all’interno della maggioranza.

L’11 dicembre anche Berlusconi decide di non andare avanti con la candidatura di Cosentino in Campania: la rinuncia a Cosentino viene confidata dal premier durante un incontro con i giovani del Partito popolare europeo in un albergo di Bruxelles. Dopo alcuni giorni il centrodestra campano ufficializzerà il nome di Stefano Caldoro.

Intanto le vicende giudiziarie vanno avanti e il 29 gennaio la Corte di Cassazione respinge il ricorso, avanzato dai legali di Cosentino, contro l’ordinanza di arresto. Secondo il sostituto Procuratore Generale Vito Monetti, Cosentino si può arrestare. Nonostante la sentenza, il governo confida la propria fiducia a Cosentino: il 29 gennaio il ministro per l’Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi afferma che rimarrà sottosegretario perché gode della stima dell’esecutivo.

Il 18 febbraio Nicola Cosentino lascia il governo e si dimette da tutti i suoi incarichi: quello di sottosegretario all’Economia e quello di coordinatore regionale Pdl in Campania. «Mi sono dimesso – spiega – perché voglio liberare il campo da ogni strumentalizzazione in vista della campagna elettorale».

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