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Non parlo e non sento. Sulla crisi Berlusconi fa il “morto a galla”

di Warsamé Dini Casali |1 Agosto 2011 13:41

ROMA – La convocazione di un ennesimo vertice sulla situazione economica, previsto per giovedì 4 agosto, appare al massimo come un’increspatura sul mare piatto del fu governo del fare. A parlare di crisi Berlusconi proprio non ce la fa: mentre sul suo silenzio assordante è fiorita ormai una pubblicistica specializzata, l’ultima auto-giustificazione sarebbe addirittura di ordine estetico.  Sulla Stampa di lunedì 1 agosto, Ugo Magri riferisce il patema del premier: “Se vado in Parlamento, tutte le signore si accorgono che sono ingrassato”. Per colpa di tutto il cortisone che gli è toccato prendere non è il momento di parlare al Paese. E aspetta. D’altra parte molti dei suoi consiglieri gli consigliano di non aprire bocca, specie con l’Italia nel mirino della speculazione. Ma ora che anche l’agognato compromesso sul debito è stato raggiunto negli Usa, continuare a tacere può essere scambiato per indifferenza o peggio per manifesta impotenza. Specie se l’unico colpo battuto dal governo è aver posto la fiducia sul processo lungo. Non si era parlato di sveltire la macchina giudiziaria anche per non far scappare gli investitori stranieri e favorire la crescita? I più introdotti sostengono che Berlusconi stia già preparando un discorso da leggere alla Camera. Pare che il succo riguardi ottimismo e crescita, giusto per stemperare un po’ la situazione. Tuttavia l’impressione è che non se ne faccia niente. Calderoli riassume così la posizione dominante in maggioranza: “Sarebbe poco credibile riferire ora in Parlamento sulla situazione economica che è già stata affrontata con l’approvazione della manovra. Semmai prima raccogliamo le proposte da presentare al premier, poi avrà senso che Berlusconi riferisca in Parlamento. Oggi è fuori tempo e luogo”.

Intanto, all’apertura della discussione generale sul decreto di proroga delle missioni militari all’estero, alla Camera non s’è visto nessuno del Governo. Niente, nemmeno un sottosegretario. La sensazione di un esecutivo latitante non poteva avere rappresentazione più convincente. Con Tremonti in disgrazia ma titolare dell’Economia per forza e Napolitano che surroga un giorno sì e l’altro pure la presidenza del Consiglio, chi può dire che al timone della nave Italia c’è davvero Berlusconi? La battuta che circola anche negli ambienti della maggioranza è che il Cavaliere sta facendo il “morto a galla”.  Gli è stato chiesto un segno forte di discontinuità per rilanciare la crescita e uscire dall’impasse da tutte le parti sociali, Confindustria in testa. Aleggia addirittura lo spirito del ’92, con il “patto sociale” che contribuì a far digerire una manovra che fu davvero epocale. Le opposizioni incalzano, i sindacati offrono aiuto, Confindustria invoca il tavolo: Berlusconi non sente (anche perché sa che la discontinuità vera è il suo addio). Come orecchio ha delegato Sacconi, ministro del welfare, non esattamente un peso massimo. Se confida nel generale agosto, Berlusconi il temporeggiatore compie un azzardo: è in questo mese, quando il volume degli scambi finanziari è più basso, che gli effetti speculativi possono ottenersi con minori risorse. Senza contare che l’innalzamento dei differenziali tra i rendimenti dei Btp e i Bund tedeschi si è mangiato già mezza manovra in interessi per ripagare il debito. Una sua sua uscita di scena varrebbe 100 punti di spread secchi in meno. Ma non c’è peggior sordo di chi non ci sente veramente, arguivano al cabaret Aldo, Giovanni e Giacomo.

 

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