Crisi di governo e dimissioni di Conte, ora dal Conte Ter a elezioni: quote e percentuali. Poker per un bluff

Crisi di governo era già quando Giuseppe Conte non era andato oltre 156 voti favorevoli al Senato. Crisi che stolidamente si è fatto come se non fosse. Crisi negata, congelata. Col risultato, il primo tangibile, di aver perso tempo. Giorni persi quando di tempo ce n’è men che mai.

Aggiornamento ore 12.20 con video

Da stamane, dal momento delle tardive dimissioni di Conte, dal momento in cui la gestione della crisi passa nelle mani di Mattarella, la crisi di governo appunto ha quattro vie d’uscita, quattro esiti possibili, quattro come va a finire. Quattro, non poche, quattro carte. Sembra un poker, ma è un bluff. Perché, qualunque delle quattro uscite verrà imboccata, forze politiche, Parlamento, opinione pubblica, comunicazione, gente, insomma l’Italia non sa, finge di non sapere o non vuole sapere perché al fondo c’è questa crisi e cosa ci sia al fondo della crisi. Il bluff l’Italia lo sta facendo con se stessa.

Crisi di governo, ipotesi 1: Conte Ter, reincarico se porta cinque gambe

Conte oggi si dimette per avere da Mattarella il reincarico, insomma l’incarico a formare un nuovo governo, il Conte Ter. Mattarella però reincaricherà Conte di formare nuovo governo solo se Conte porterà sul tavolo del Quirinale cinque gambe politiche del suo costruendo Conte Tet.

Cinque gambe: M5S, Pd, Leu, una “cosa” che per il momento chiamiamo centristi per Conte e Italia viva. Cinque gambe, Mattarella vorrà garanzie che ci siano. Cinque gambe dove prima erano quattro. Perché il rientro semplice di Italia viva in maggioranza non è fattibile, va incartato in combinata nell’operazione “Centro per Conte”.

Se si esce con un Conte Ter, M5S si ammacca un po’ (si riprende Renzi come alleato e si allea con centristi, quali che siano, che erano il diavolo per l’elettorato M5S, tanto tempo fa, due anni fa). Italia Viva se rientra si stinge un po’ ma tutto sommato se la cava, sarebbe una Canossa morbida morbida e non priva di soddisfazioni. Il Pd in un Conte ter si acquieta e si accasa. Conte si smoscia un po’, deve rinunciare un po’ all’uomo solo al comando mentre gli altri dormono.

Ma a Palazzo Chigi ci resta lui. Magari, alla peggio e alla più, gli chiedono di mollare Rocco Casalino. Sarebbe un dolore per il premier ma Palazzo Chigi val bene un Casalino. Di certo senza Casalino meno incidenti con gli alleati. Nel casi di Conte ter pagano tutti un obolo, piccolo. Ma vincono il restare al governo e il non fare elezioni anticipate. Vincono più di tutti i centristi per Conte o come dovessero chiamarsi: sarebbero remunerati in incarichi governativi.

Somma, sottrai, calcola…la quota del Conte Ter è del 40 per cento.

Crisi di governo, ipotesi 2: altro premier ma non altra maggioranza

Quota probabilità minore, la minore di tutti: 10 per cento. Perché M5S senza Conte premier soffrirebbe da non sopportare. Vincerebbe Pd, stravincerebbe Renzi, pagherebbe Conte, anzi sparirebbe Conte. Un nuovo governo sostenuto da Pd, M5S, Lei e Italia viva con premier altro da Conte è la via d’uscita più stretta, praticamente sbarrata.

Ipotesi 3: altro premier con altra maggioranza

Altro premier con altra maggioranza, qui risaliamo come quota probabilità e arriviamo al 35 per cento. Governo denominabile in vari modi: d’emergenza, di scopo, di unità nazionale...Governo con una maggioranza fatta di Pd, M5S, Italia viva, centristi ma non più per Conte, magari Forza Italia o parte di Forza Italia.

Governo cui la Lega non partecipa ma che la Lega lascia nascere e vivere. Governo che procede dopo una sorta di “taglio delle ali” dell’agibilità politica.  Insomma ruoli definiti: Meloni regge la parte del No a tutto, Leu e M5S magari hanno qualche esitazione e defezione, Berlusconi rientra in gioco alla grande, Salvini si accredita come premier per quando sarà la volta della destra a governare, Pd resta al governo ed è quello che per Zingaretti conta.

Il tavolo zingarettiano, l’eterno tavolo si allarga e lo si imbandisce anche con la solenne tovaglia del supremo interesse del paese. Premier non certo Draghi (che tra l’altro neanche ci verrebbe in una cosa così). Premier qualcuno o qualcuna che possa bissare, mutando quel che c’è da mutare, l’operazione Conte: una figura insieme istituzionale e della società civile.

Ipotesi 4: Elezioni anticipate, quota 15 per cento

Quota bassa ma in crescita. Non tanto e non solo perché forze politiche incerte perfino sulla loro identità e ceto politico diciamo così…sperimentale possono incartarsi e perdersi. Quota elezioni anticipate bassa ma in crescita perché l’intero sistema Italia potrebbe più o meno consapevolmente scegliere la sbornia elezioni. Una sbornia bevendo da tutti calici della propaganda e allontanando un solo calice: quello delle vere scelte di governo in relazione al Recovery e ai suoi miliardi.

Il bluff del piano italiano

Il bluff che sistema Italia sta muovendo a se stessa è quello del piano italiano chiamato Recovery o Next Generation Ue. La crisi di governo e non solo ha al suo fondo l’incapacità del sistema politico di definire la governance del piano (chi comanda, chi decide, chi controlla) senza dividersi, squagliarsi, rinviare, evaporare. Per il Recovery Italia non c’è governance definita e siamo a fine gennaio e ad aprile dovrebbero arrivare dalla Ue i primi 20/25 miliardi. Per farne cosa? Nel piano italiano ci sono indirizzi dove portare i soldi e ripartizione dei soldi.

Ma chi e come debba trasformare questi soldi in cantieri, lavori, appalti, riforme (ad esempio Giustizia e Pubblica Amministrazione e Scuola) no c’è. Si profila purtroppo una governance molto plurale: dentro Regioni, Comuni, sindacati, associazioni di categoria oltre a ministri, partiti e comitati vari. Si profila qualcosa di gemello con l’unità di intenti e indicazioni relative alle misure anti contagio, si profila ognuno fa come gli pare e di centrale c’è solo la distribuzione dei soldi.

Il bluff che l’Italia sta muovendo a se stessa è puntare la posta sul fatto che i soldi Ue arriveranno lo stesso e non smetteranno di arrivare anche se la governance avrà come  missione, ragion d’essere e compito lo spartire e il recapitare ad ogni “territorio” della geografia degli interessi. Spartire, recapitare, accontentare sì. Investire, modificare, disturbare no. 

La foga di dire: legge elettorale proporzionale

Di questa governance che il futuro se lo mangia in nome del tanti, maledetti e subito, grande preannuncio e manifesto istituzionale è stato fatto dallo stessi Conte in Parlamento. In eccesso di foga astuta (Casalino?) Conte ha detto: legge elettorale proporzionale per aumentare stabilità. Intendeva non la stabilità su cui i governi poggiano scelte anche di non immediato consenso, Conte intendeva la stabilità, la permanenza della spartizione di miliardi senza squilibrarsi a far riforme.

In fondo, molto al fondo, eppure al fondo elezioni anticipate sono la fabbrica del tavolo dove poi si spartisce, ne definiscono dimensioni e posti a sedere e in piedi. Evitano al sistema paese l’imbarazzo di scoprire che per le riforme e gli investimenti per il futuro non c’è nessuna maggioranza comunque mischi e rimischi il Parlamento tutto. E consentono ai partiti di fare l’unica cosa che sanno fare e fanno: campagna elettorale. S’, la sbornia delle elezioni anticipate il 15 per cento delle probabilità lo vale tutto.

Fonte: Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev

 

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