ROMA – Massimo D’Alema “oggi” si erge a “paladino della morale” contro Silvio Berlusconi su Ruby e su Gheddafi, ma “ieri”, ricorda Giancarlo Perna su Il Giornale, il suo nome è stato associato a vicende non proprio cristalline. Dallo scandalo sulla sanità pugliese alla missione Arcobaleno, passando per Gianpi Tarantini, l’elenco di Perna è piuttosto dettagliato.
Dopo il caso Ruby, scrive Perna, il presidente del Copasir “ha preteso che il Cav comparisse al Copasir per giustificare i festini. Che c’entra la sicurezza nazionale, direte voi? Non c’entra, è solo ipocrisia. Max ha dato a intendere che si preoccupava per l’incolumità del Berlusca – lui che lo annichilirebbe all’istante se gli garantissero l’impunità messa a rischio dalla sua dissennata condotta. In realtà voleva solo emulare i magistrati dando in pasto al pubblico la vita privata del Mostro. Il Cav, che non è scemo, manco gli ha risposto”.
Poi Perna passa ad analizzare i commenti di D’Alema su Gheddafi: “Allora, D’Alema si è impancato sui fatti di Libia e ha accusato il Berlusca di avere fatto lo stuoino di Gheddafi. Al tempo, Max. Questo potremmo dirlo io o i lettori”. Utilizzando il “tu”, Perna immagina di rispondere a D’Alema: “da ministro degli Esteri te ne andavi a braccetto per Beirut col capo di Hezbollah, devi stare zitto e mosca”.
Perna passa poi ad elencare le vicende poco limpide nelle quali, direttamente o indirettamente, l’ex premier si è trovato invischiato: “In queste ore, sei coinvolto nello scandalo sanità in Puglia. Il tuo stretto amico, ex assessore regionale alla Sanità, ora senatore Pd, Alberto Tedesco, rischia il carcere e tu le stai provando tutte per sottrarlo, via immunità parlamentare”.
Poi è il turno di Gianpi: “Inoltre,l’imprenditore sanitario, Gianpaolo Tarantini, che sembrava solo un commensale bunga bunga del Cav, appare sempre più uno dei tuoi. Tu smentisci, ma lui è un fiume in piena. Dice che andavate insieme per mare, che avete amicizie comuni e che ha fatto per te cenone elettorale in cui ti sei strafogato. Insomma, pare che tu, sulla malfamata sanità pugliese, la sappia lunga”.
Perna va indietro nel tempo, andando a ripescare una vicenda del 1985: “Prendesti soldi di straforo da Francesco Cavallari, il Tarantini dell’epoca? Durante una cenetta intima ti infilò in tasca venti milioni. Si seppe solo dieci anni dopo per ammissione di Cavallari davanti al pm Alberto Maritati. Lo confermasti poi anche tu e Maritati – che ormai non ti poteva perseguire per sopravvenuta amnistia – elogiò le tue «leali dichiarazioni »”.
Poi la missione Arcobaleno (all’epoca D’Alema era presidente del Consiglio): “Eri a Palazzo Chigie dichiarasti guerra alla Serbia, la sola alla quale l’Italia abbia partecipato dopo il 1945: anche questo hai sulla coscienza. I bombardamenti in Kosovo, provocarono un mare di profughi. Poi, da tipico coccodrillo, hai cercato di risarcirli con un caravanserraglio di aiuti – l’operazione Arcobaleno, appunto- che in breve si rivelò una fonte di ruberie, stando almeno al pm barese, Michele Emiliano. Ti indignasti da par tuo: «Scandalo inventato. Manovre da bassa cucina». Ma il pm arrestava a frotte i tuoi amici e sodali, i compagni della Cgil, ecc. Poi, di colpo, Emiliano lasciò l’inchiesta per candidarsi sindaco di Bari. Nel 2004, fu eletto alla testa di una coalizione di sinistra che faceva capo a te”.
Il nome di D’Alema ritorna, continua Perna, anche nella “scalata Telecom da parte dei «padani», Colaninno il cui rampollo è con te in Parlamento – e soci. Eri premier e ti innamorasti subito di questi «capitani coraggiosi». Per favorire il loro arrembaggio impedisti all’allora (e oggi di nuovo) ad, Bernabè, di tentare contromosse. Ricordi? Facesti mancare il numero legale alla riunione da lui voluta ingiungendo a Tesoro e Bankitalia di non partecipare. Mario Draghi, che allora era al ministero, rimase incredulo e pretese da te un ordine scritto. Lo ebbe. Il noto Guido Rossi (uno della tua parrocchia), per stigmatizzare l’ingerenza,coniò un’immortale definizione del tuo premierato: «Palazzo Chigi è l’unica merchant bank dove non si parla inglese». Ovviamente, si malignò di tornaconti ma, restarono voci, e la cosa finì lì”.