Daniela Santanchè: voto rinviato, “pitonessa” sparita. Riappare ad Arcore per cena

Daniela Santanchè: voto rinviato, "pitonessa" sparita. Riappare ad Arcore per cena
Daniela Santanchè (LaPresse)

ROMA – Alle 14 del 2 luglio 2013 Daniela Santanchè stava per essere votata come vicepresidente della Camera. In realtà stava per essere non votata. La sua candidatura si annunciava come bersaglio facile per franchi tiratori di tutti i partiti della maggioranza: quindi anche del Pdl. Così, 14 non è più l’ora del voto, rinviato come nella migliore tradizione della Grande coalizione, ma è il tacco sul quale a un certo punto del pomeriggio la signora Garnero si allontana e sparisce dai radar.

Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera racconta la sparizione della “pitonessa”:

“a metà pomeriggio, è introvabile. […]  Fuori, sul piazzale di Montecitorio, solo il sole a picco e i sampietrini bollenti, l’unica frase che sono riusciti a strapparle è stata una specie di sospiro: «Sono abituata a dare, piuttosto che a ricevere». Il sorriso solito, ma stavolta un po’ più plastico, immobile, forzato. E anche la voce: non squillante, ma come liscia, incerta. Su Twitter, quando aveva capito che neppure stavolta sarebbe riuscita a prendersi l’incarico di vicepresidente della Camera, l’unico graffio: «Con questa maggioranza, tutto si rinvia, nulla si decide».

Belle parole: ma dove s’è nascosta? L’aspetto divertente della politica, qui a Roma, è che nessuno può pensare di fare una cosa, un incontro, una telefonata, in totale segretezza. Dopo un po’, c’è sempre qualcuno, un’anima pia, un’anima nera, che intuisce, immagina, sa, e avverte. È così anche adesso. Arriva un sms. Testo: «La “pitonessa” è seduta davanti alla scrivania di Angelino Alfano, al ministero». Proprio così. Daniela Santanchè è andata a chiedere spiegazioni ad Alfano. E ci è andata fisicamente.

Colloquio, come si dice in questi casi, riservato. Sui toni, e i contenuti, si può fantasticare in libertà. Il dato certo è che cinque minuti dopo l’uscita dal ministero della «pitonessa», Alfano si mette a cinguettare con Twitter: «Su Daniela Santanchè, nessun passo indietro. Anzi, si va avanti». (Ora 17.45, sede del Pdl, via dell’Umiltà, quinto piano ). Segretaria premurosa: «L’onorevole Santanchè è impegnata ancora per qualche minutino… Posso offrirle un caffè?».

Nessuna particolare agitazione in vista del prossimo trasloco. Aria condizionata bassissima, la stanza del Presidente Berlusconi (alla parete una sua gigantografia, un tristissimo salottino beige, uno spray deodorante accanto a un ficus benjamin secco) trasformata in sala d’attesa. L’attesa dura mezz’ora.

Poi dal corridoio arriva il rumore secco d’un passo di carica ed entra la Santanchè, che nel frattempo ha rimesso su lo sguardo raggiante d’ordinanza, la caratteristica smorfia che è un miscuglio di spavalderia e ironia, ecco di nuovo la vera Santanchè che siete abituati a vedere a «Porta a porta», da Santoro, o quando alza il dito medio per salutare i manifestanti, quando fa jogging con la fidanzata del capo, quando per il capo presidia il palazzo di Giustizia di Milano, quando scende dal Suv ed entra al Billionaire del suo amico e socio Flavio Briatore.

«Telefonate, telefonate e ancora telefonate. Mi spiace averla fatta aspettare» (mano tra i capelli, tailleur sobrio, girocollo in verità molto chic).

L’apparente sicumera della “pitonessa” copre le divisioni non tanto della maggioranza quanto del Pdl, partito spaccato almeno in due e reso ancora più inquieto dal progetto di Berlusconi di un ritorno a Forza Italia. Progetto del quale la Santanchè è parte in causa.

Proprio per questo, chiunque all’interno del Popolo delle libertà si oppone a quel progetto ha una gran voglia di dare una dimostrazione di forza e di numeri impallinando una frontwoman del neoforzismo. Non è un caso che la giornata della grintosa Daniela si concluda con una cena ad Arcore. A Roncone regala un sospiro, ma significativo:

Possibile che su questa storia, su questa fibrillazione lunga e imprevista, il governo possa addirittura rischiare qualcosa?
«Eh…».

Sapete quando la Santanchè fa gli occhioni e allarga le braccia, e sembra che stia per dirti qualcosa che però non può proprio dire. Intanto siamo arrivati all’ascensore. […]

Ad osservarla mentre fa graziosamente ciao e le porte dell’ascensore si chiudono, s’intuisce perfettamente l’uso quasi scientifico che fa della celebrità. La capacità di esserci e non esserci, di scomparire e riapparire, di rivelarsi cinica e diplomatica, ruvida e poi anche improvvisamente simpatica (un sabato mattina, l’anno scorso, nei giorni più cupi del Pdl, rispose al cellulare ansimando: «No, aspetti, non pensi male… non pensi che la Santanchè è operativa anche quando… è che sono a Cortina e sto facendo sci di fondo»).

Due settimane fa, insieme a Verdini e Capezzone, tre giorni chiusa ad Arcore con Berlusconi per mettere a punto nuove strategie, ragionare sul filo dell’orizzonte, immaginare un ritorno a Forza Italia, passare in rassegna le truppe parlamentari e stabilire di chi potersi fidare, e di chi no.

Negli equilibri di potere d’un partito particolare come il Pdl, quel weekend fu un segnale preciso. Alle 19, ne arriva un altro. La «pitonessa» esce dalla sede del partito e sale in macchina. Va all’aeroporto, torna ad Arcore. C’è Berlusconi che l’aspetta a cena (superfluo, o forse no, ricordare di quando, nel 2008, candidata con La Destra, lo accusò: «Silvio vuole le donne solo orizzontali»).

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