ROMA – La Camera ha approvato il disegno di legge sulle Province e le città metropolitane con 277 voti favorevoli 11 contrari (Sel). Non hanno partecipato alla votazione in segno di protesta contro il provvedimento la Lega Nord, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle.
Il disegno di legge Delrio sulle province, città metropolitane e fusione dei comuni ruota attorno a 4 punti essenziali: trasformazione dei consigli provinciali in assemblee dei sindaci, che lavoreranno a titolo gratuito; istituzione di 9 città metropolitane; disciplina della fusione dei comuni.
Fi, M5s, Lega Nord ritengono la norma farraginosa e inutile. E infatti nel pomeriggio di sabato 21 dicembre si è scatenata una bagarre in Aula, quando Renato Brunetta ha chiesto che si riunisse la conferenza dei capigruppo alle 18 in punto, come da convocazione ufficiale. Naturalmente questo avrebbe comportato la sospensione della seduta e il probabile rinvio dell’esame della legge.
Di fronte alla “resistenza” del presidente di turno Simone Baldelli (Fi), che ha fatto proseguire il confronto, deputati di Fi, M5s e Lega hanno abbandonato l’assemblea, sospesa poi su richiesta di Sel. Tensione e battibecchi hanno scaldato gli animi, fino a quanto il capogruppo di Fi non ha attaccato Laura Boldrini per non aver rispettato l’ora di convocazione della capigruppo: “Faremo qualsiasi cosa, ma questi atteggiamenti leonini non sono accettabili. Ho cercato il presidente Boldrini – ha sottolineato Brunetta – ma non ha risposto. Questa vicenda è un’offesa, una inutile violenza al Parlamento. Di questo Boldrini dovrà rendere conto”. Successivamente la conferenza si è riunita, decidendo una prosecuzione ad oltranza in seduta notturna fino all’approvazione della legge.
Che si tratti di una disciplina complessa e controversa è evidente a tutti, ma in particolare a Antonio Saitta presidente dell’Unione delle Province Italiane che ha polemizzato contro la decisione, presa con la legge di stabilità, di cancellare le prossime elezioni del 2014 per le 52 province in scadenza e le 20 commissariate: “Presenteremo ricorso alla magistratura contro questa norma che lede un diritto inalienabile dei cittadini”.
Nell’intento del disegno di legge, che dovrà essere ora discussa dal Senato – le province comprenderanno aree più vaste di quelle attuali e i loro rappresentanti saranno designati non più dai cittadini, ma dagli amministratori locali, che sceglieranno tra i sindaci dei comuni del territorio. Rispetto a oggi, non bisognerà pagare gli stipendi a presidenti, consiglieri e assessori. La struttura portante della Repubblica delle autonomie dovrebbe avere il suo perno su due soli livelli territoriali di rappresentanza politica: i comuni e le regioni.
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