Debito pubblico, taglio entro 2015: piano per 400mld € da immobili e dismissioni

Debito pubblico, taglio entro 2015: piano per 400mld € da immobili e dismissioni
Debito pubblico, taglio entro 2015: piano per 400mld € da immobili e dismissioni (Foto LaPresse)

ROMA – Quattrocento miliardi di euro da immobili e dismissioni. Questo il piano taglia debito che il governo guidato da Enrico Letta sta valutando. Enrico Marro sul Corriere della Sera spiega i piani del governo e del Pdl che si confronteranno giovedì 18 luglio per abbattere il debito pubblico, che ha raggiunto ad aprile 2.041,3 miliardi di euro, quasi il 130% del Pil.

Il Corriere della Sera spiega che la richiesta è arrivata da Angelino Alfano e Renato Brunetta del Pdl, da Gianluca Susta di Scelta Civica e da Luigi Zanda del Pd, e Letta ed il ministro Fabrizio Saccomanni sono d’accordo ad affrontare la questione, anche se non mancheranno i problemi:

“Ma l’impianto targato Pdl è di quelli ad effetto: punta infatti a una riduzione strutturale del debito pubblico per almeno 400 miliardi di euro (circa 20-25 punti di Pil), così da portare sotto il 100% il rapporto rispetto al Pil in 5 anni”.

Le proposte passeranno al vaglio del Tesoro e secondo Marro non mancherà lo “scetticismo”. Si partirà dalla costituzione di na società di gestione del risparmio, Sgr, ad opera dell’ec ministro dell’Economi Vittorio Grilli:

“La necessaria autorizzazione della Banca d’Italia ad operare è arrivata in questi giorni e anche la prima lista di 350 immobili pubblici da conferire, per un valore di un miliardo e mezzo, sarebbe stata trasmessa. Siamo però in forte ritardo rispetto all’obiettivo dello stesso Grilli di vendere patrimonio pubblico per almeno un punto di Pil all’anno (15 miliardi di euro), su una massa patrimoniale potenzialmente aggredibile tra 239 e 319 miliardi, secondo le stime del precedente governo”.

I tempi sono stretti per il governo, dato che dal 2015 partirà il Fiscal Compact e arriveranno nuove regole europee in materia di bilancio da seguire:

“Dal 2015 partirà il Fiscal compact, le nuove regole europee di bilancio, per rispettare le quali l’Italia dovrà tagliare ogni anno per 20 anni il debito pubblico di 3 punti di Pil, circa 45 miliardi a valori attuali, così da arrivare alla fine del percorso a un debito pari a non più del 60% del prodotto interno lordo Invece di subire questa tassa ventennale sarebbe meglio trovare un modo per abbattere subito il debito e guadagnare così nuovi spazi di manovra di bilancio che altrimenti sarebbero preclusi. Di qui le proposte choc del Pdl”.

All’Italia restano così 5 anni per chiudere il conto e tagliare il debito e le proposte sono molte:

“Dei 400 miliardi di debito da tagliare, dice il piano messo a punto da Brunetta, 100 deriverebbero dalla vendita di beni pubblici per 15-20 miliardi l’anno (in sostanza il programma Grilli); 40-50 miliardi dalla costituzione e cessione di società per le concessioni demaniali; 25-35 miliardi dalla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute in Svizzera (5-7 miliardi l’anno); i restanti 215-235 miliardi dall’operazione choc, appunto”.

L’obiettivo sarà dunque quello di dimezzare il debito, scendendo di 35-40 miliardi di euro l’anno, spiega Marro. Il piano di letta e Saccomanni arriverà entro l’autunno, con tutte le prudenze del caso:

“La prudenza, se non lo scetticismo del Tesoro, poggiano su numerosi fattori: in tanti anni non si è mai riusciti a censire con esattezza il patrimonio che ha concrete possibilità di essere venduto a prezzi di mercato (il punto importante è questo); è probabile inoltre che si scatenerebbe un contenzioso fra Stato, Regioni ed enti locali su buona parte dei cespiti coinvolti. Ecco perché non sono possibili facili entusiasmi né tantomeno scorciatoie, secondo gli uomini di Saccomanni”.

E le critiche nel Pd non sono mancate. L’ex ministro Vincenzo Visco infatti non crede che esistano beni vendibili per 200 miliardi di euro, come sostiene invece la proposta del Pdl. Secondo Visco infatti sarebbe

” pericoloso trasferire alle famiglie obbligazioni che, al confronto col mercato, rischierebbero un deprezzamento immediato trasformandosi così in una patrimoniale mascherata a danno dei cittadini e terzo ritiene che si darebbe l’alibi ai governi per allentare il rigore di bilancio, mentre solo una politica di costante avanzo primario (spesa al netto degli interessi inferiore alle entrate) potrebbe sul lungo periodo riportare il debito a livelli ragionevoli”.

Tra proposte, scetticismi e prudenze il Tesoro assicura che Saccomanni lavora al dossier, facendo affidamento anche ai contatti e alla sua esperienza in Banca d’Italia:

“La prima richiesta del ministro agli uffici è stata di avere una stima il più possibile attendibile di quanto veramente si potrebbe collocare sul mercato. Solo a quel punto si potranno vedere gli spazi per una terapia d’urto sul debito. Del resto, i precedenti non sono incoraggianti. E´da una ventina d’anni che lo Stato non riesce a vendere le caserme dismesse (poca cosa, per carità, ma tutto fa brodo) e non mancano gli esempi di immobili venduti e che poi l’amministrazione ha dovuto ricomprare a un prezzo superiore per non pagare più affitti esosi. Infine, negli anni Novanta lo Stato incassò circa 200 mila miliardi di lire in seguito a un vasto programma di privatizzazioni, ma il debito pubblico non è stato piegato”.

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