Il deputato è mobile: 77 cambi di schieramento da inizio legislatura

Pubblicato il 28 Settembre 2010 - 18:23 OLTRE 6 MESI FA

Più di un deputato su dieci “ci ripensa” e decide di cambiare schieramento durante la legislatura. Dal 2008, infatti, sono già 74 gli onorevoli che, cammin facendo, hanno deciso che lo schieramento in cui erano stati eletti non rispecchiava il loro “complesso di valori”. Se a questi aggiungiamo tre deputati che il salto l’hanno fatto due volte in due anni si arriva a quota 77 su 632.

I conti, nel dettaglio, li ha fatti la ”Velina rossa” nella sua nota giornaliera e dai numeri emerge che a rimetterci di più, in termini assoluti, sono stati i due partiti più grandi: il Pdl, infatti, ha iniziato la legislatura con 275 parlamentari, oggi ne ha 236, emorragia di finiani ma non solo. Perde onorevoli anche il Pd che partiva da quota 217 e oggi si ritrova a  206. L’incerto bipolarismo italiano si frantuma anche grazie alla spinta centrifuga dei suoi rappresentanti.

Tra i grandi partiti fa eccezione la Lega che alimenta la sua immagine di partito “mon0litico” contenendo i danni:  ha iniziato con 60 e ne ha perso “solanto” uno. L’Udc, al centro dei movimenti e delle speculazioni di questi ultimi giorni è passata da 35 a 34 onorevoli. Cinque defezioni anche nell’Idv di Antonio Di Pietro: 29 deputati nel 2008, 24 nel 2010.

A guadagnarci, ovviamente, sono le forze nate durante la legislatura a cominciare dal Fli di Gianfranco Fini che ha  “rubato” 35 deputati al Pdl.

La prassi dell’onorevole “saltafosso” è però il transito per il Gruppo Misto: calderone eterogeneo e dalla difficilissima lettura politica. Ad inizio legislatura il “Misto”  aveva 12 aderenti e oggi è arrivato a  quota 36. Nel dettaglio il Misto Movimento per l’autonomia alleati per il Sud da 8 è  passato a 5; il Misto minoranze linguistiche è rimasto a 3; il Misto Liberal democratici è arrivato a 4 partendo da 0; il Misto Repubblicani, Azionisti e Alleanza di centro hanno 3 deputati partendo da 0; il Misto Alleanza per l’Italia, i rutelliani usciti dal Pd dopo la vittoria di Pier Luigi Bersani,  non esisteva ad inizio di legislatura e oggi sono 8; il Misto Noi Sud Libertà e Autonomia-Pli da 0 è  arrivato a contare 6 membri; i deputati non iscritti a nessuna componente erano 3 due anni fa, oggi sono in 2.

Spesso, però, quello attraverso il Gruppo Misto è solo un passaggio, una sorta di “lavaggio” che rende meno evidente e stridente il cambio di casacca. Un esempio: Massimo Calearo era l’uomo che doveva raccogliere consenso per il Pd tra gli imprenditori del ricco nord est. A meno di metà legislatura si è accorto di “non essere di sinistra” e quindi se n’è andato nell’Api di Francesco Rutelli. Ieri, però, ha deciso che anche la nuova casa era scomoda e l’ha lasciata. Domani, a meno di sorprese, dirà sì ai cinque punti di Berlusconi, dando un contributo per la sopravvivenza di quel governo che nelle intenzioni degli elettori avrebbe dovuto contrastare. Non che l’attuale sistema a “liste bloccate” dia grossa scelta agli elettori.

La Costituzione, poi, dà ragione agli onorevoli volubili: l’articolo 67 scrive a chiare lettere che “”Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Con buona pace di chi esigerebbe un pizzico di coerenza in più.