Di Girolamo si difende: “Colpa dei giornalisti, solo un paio di incontri sbagliati”

Nicola Di Girolamo

Il senatore Nicola Di Girolamo, coinvolto nell’inchiesta sul riciclaggio si difende sul Corriere della Sera e punta il dito contro la stampa. “Sono colpevole di uno o due incontri disattenti – ha detto il senatore che, quindi ha attaccato – tra me e Lucifero non ci sono gran differenze al momento, secondo voi. Mi avete sbranato”.

Di Girolamo, per la Procura di Roma eletto con l’aiuto della ‘Ndrangheta, accusa i giornalisti in un colloquio con il Corriere della Sera, che riporta la bozza della lettera di dimissioni indirizzata al presidente del Senato Renato Schifani. ”Sono convinto di dover rendere disponibile la mia persona perché chi dovrà giudicarmi possa davvero conoscere i contorni di una vicenda che non è tutta criminale”, scrive Di Girolamo nella lettera che consegnerà lunedì 1 marzo e in cui si scusa per “aver procurato imbarazzo” a Schifani.

“Sono entrato nell’Aula del Senato forte di una delega affidatami da 24.500 elettori… né mafiosi né delinquenti. Di una piccola parte di costoro avrebbe abusato un gruppo di individui probabilmente ‘inquinati’ da frequentazioni criminali”. Ma, precisa il senatore, “non ero ‘consegnato’ anima e corpo a questi figuri. La frenesia della campagna elettorale – spiega – mi ha spinto a giudicare poco e male. E lei, mi auguro, immaginerà che non si diventi mafioso nello spazio di un mattino, colpevole come sono di uno o due incontri disattenti”.

Di Girolamo sottolinea di essere rimasto “una persona perbene, incapace tuttavia di difendersi innanzi alla protervia dei malevoli e dei menzogneri. In politica ne ho incontrati alcuni capaci di fagocitarmi nella smania delle promesse”. “Ho ceduto, signor Presidente – ammette il senatore – ma le mie colpe verranno circoscritte dalla verità che saprò esporre ai magistrati”.

Nella lettera Di Girolamo cita il “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI: “Forse sarò l’unico ad essere ricordato per aver rassegnato le dimissioni. Ma non importa: mi affido alla Provvidenza abbracciando il progetto di Dio, in Cristo, sperando nella vocazione posta nel cuore e nella mente di ogni uomo”.

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